Come ho conosciuto mio marito – L'armatura di una donna (29 dicembre)

  • Scritto da Lizbeth il 29/12/2025 - 16:46
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Quest’opera è di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autore o usati in modo fittizio.


 

Sara si svegliò nell'attico di lusso, il suo corpo nudo era appiccicoso di Champagne e sudore salmastro. L'enorme specchio rifletteva la sua nudità, la curva morbida dei suoi fianchi maturi. Era stata tradita anche da una delle sue migliori amiche, ma dentro di sé pensò: che serata. Sentiva che per la prima volta in anni era stata totalmente se stessa. Dopo questa settimana di estremi, si sentiva più cinica, i soldi guadagnati così facilmente la rendevano pericolosamente materiale.

Si fece una doccia rapida e fredda. Solo in quel momento notò un pacco nero opaco con un nastro di raso scuro accanto alla porta di ingresso; sopra, c'era un biglietto. Si mise sul letto, il corpo ancora umido, e lo lesse:

Mia cara Sara, fino ad ora ho fatto io tutto il lavoro, tu hai dovuto solo obbedire. Penso sia giunto il momento che ti dia da fare pure tu. Ho scelto questo hotel perché stasera si terrà un compleanno importante. Stasera ti chiedo solamente di fare la escort.

Il Dottor Ferrara mi deve 20.000 euro per un vecchio affare. Tu dovrai sedurlo, ottenere il bonifico a mio nome, e io ti girerò 1.000 euro come anticipo sul tuo compenso totale. Se non ci riesci, passerò a un'esperienza di riserva con un altro invitato e credimi, non ti piacerà. Questo pomeriggio arriverà un team pagato per me, chiedi loro di truccarti come vuoi. Il vestito, che è nel pacco, l'ho scelto io. Sui gusti della tua preda ti voglio avvantaggiare.

Se il cliente avrà dei gusti particolari, fai sapere tutto al cameriere biondo della serata, lui potrà aiutarti. Io stasera sarò presente e ti osserverò da lontano.

Sara fece una risata aspra. In fondo, non era una richiesta assurda. Anzi, 20.000 euro per una performance sessuale potevano sembrare pochi, forse poteva proporre al cliente una sorta di abbonamento annuale. Si sfiorò il seno nudo con la mano, i suoi capezzoli ancora gonfi per la notte precedente, e si mise a ridere. Tutto quel sesso le aveva infuso dentro di sé molta più sicurezza e una spavalderia inedita.

Alle 16:00 in punto bussarono alla porta dell'attico. Lei aprì in canotta e short e un'équipe di tre persone entrò in silenzio, concentrata: un parrucchiere, una truccatrice e una sarta.

La preparazione le sembrò un rito quasi sensuale. Il parrucchiere lavorò ai suoi capelli con lentezza e precisione, e, come su richiesta di Sara, le fece una coda lunga, lucida e setosa, che pareva la frusta di un cavaliere. La truccatrice le scolpì gli zigomi per l'obiettivo e usò una matita scura per mettere un velo nero, fumoso e intenso, sugli occhi, intensificando lo sguardo predatorio.

Intanto la sarta stava esaminando il contenuto del pacco: un corsetto stringato in vinile nero lucido, una gonna a tubino di pelle a vita alta e gli stivali cuissardes in vernice alti fino alla coscia. Appena Sara vide l'insieme, si chiese se ci sarebbe mai entrata dentro, avvertendo la tensione e l'attesa del momento.

La sarta le porse il vestito:

Sara si sfilò la canotta, esponendo il suo seno maturo. Le fredde mani della sarta l'aiutarono a infilare il corsetto. Strinse i lacci sulla schiena, così stretto che le mancò il respiro e le plasmò la silhouette in una curva aggressiva. Indossò l'imbracatura a cinghie di pelle sopra il corsetto, poi la gonna a tubino, che aveva uno spacco vertiginoso, e infine gli stivali cuissardes in vernice. Sara si guardò allo specchio, non si riconobbe, ma in fondo le piaceva essere diversa.

Come tocco finale, la sarta le porse un girocollo rigido in pelle con l'O-Ring, una mezza maschera di pizzo nero da applicare agli occhi e un paio di lunghi guanti in pelle nera. Sara li infilò lentamente, dita per dita, il cuoio che le fasciava le braccia fino al gomito. La sarta le diede anche una pochette di pelle lucida; l'aprì e poté notare il grande dildo in silicone nero, lo stesso che aveva usato il giorno prima con la sua amica.

Alle 18:00 Sara scese nell'immenso ballroom dell'hotel. Era tutto arredato per un evento di gala, si sentivano profumi inebrianti. Si guardò intorno e vide molta concorrenza, donne acquisite e affascinanti che popolavano la sala. Tra la folla, spiccava L'Orchidea Ghiacciata, una donna slanciata e alta in un abito color cipria, la cui bellezza era algida e irraggiungibile. Poco lontano si muoveva la Tigre Dorata, una brunetta formosa avvolta in un vestito d'oro lamé, la cui risata era troppo forte e calcolata per non attirare sguardi. E poi c'era la Civetta Scarlatta, una rossa tagliente in raso rosso vivo, che usava la sua seduzione in modo diretto e sfacciato. Sara le ignorò tutte, la sua concentrazione era totale.

Il suo obiettivo era il Dottor Alessandro Ferrara, un industriale farmaceutico, famoso per aver creato una crema per l'erezione maschile. Il suo carattere era sempre freddo e distaccato, single da una vita. Visto il suo patrimonio, poteva permettersi i 20.000 euro, ma convincerlo era un'altra cosa. Ferrara era in piedi al centro di un piccolo gruppo, indossava un abito grigio impeccabile e, come si poteva notare, era arrogante di natura e in quel momento si stava visibilmente annoiando.

Sara lo fissò a lungo dal balcone del bar allestito per l'occasione. Aveva già rifiutato diverse proposte di ballo e anche di sesso a pagamento; forse il suo aspetto da padrona mascherata poteva far capire che era una escort, e in quell'occasione poteva giocare a suo favore.

In un attimo i loro occhi si incontrarono. Era il momento di giocarsi il tutto per tutto. Non staccò lo sguardo per un attimo e gli sorrise, non un sorriso caldo, ma un ghigno di possesso. Posò il bicchiere che aveva in mano. Si avvicinò a lui in modo sinuoso e autoritario, il suo passo era così lento che sembrava contasse i secondi fino alla sottomissione. Raggiunse il gruppo, allungò la mano guantata.

«Dottor Ferrara, la sua fama la precede. Sa, vedevo che si annoiava, quindi ho pensato di rallegrarle la serata in qualche modo.» Si piegò in avanti, mostrando il seno costretto e abbondante in quel corpetto mortale.

Ferrara non era abituato a quelle attenzioni; sinceramente, non era un bell'uomo ed era anche leggermente sovrappeso. Guardò quella donna con aria di riluttanza, avvolta in un alone di curiosità. «Cosa posso fare per lei, signora?»

«La domanda vera è, se mi perdona, cosa posso fare io per lei. Tutto quello che desidera.» In quel momento le venne l'idea: sollevò la gonna a tubino e si sculacciò il sedere, con tre schiaffi secchi e violenti, provocando un suono che si diffuse nel salone, e qualcuno si girò a guardare.

Ferrara si morse le labbra. «Lei è sicura che può assecondare tutti i desideri di un uomo?»

«Certo, mio caro.» Viste le parole di Marco e l'abbigliamento, intuì i gusti dell'uomo. Di getto, gli afferrò i testicoli da sopra i pantaloni, stringendo con la mano guantata e facendolo gemere. «Ma le assicuro che non sono a buon mercato. Tutto ha un prezzo in questo mondo, soprattutto per una persona che ha certe fantasie.» Gli leccò le labbra, il suo alito caldo era come una minaccia.

Ferrara deglutì, la sua eccitazione era evidente dagli occhi. «Mi... mi stuzzica, signora, ma qui non mi sembra il posto giusto per fare certe trattazioni.»

Sara, con ancora in mano il futuro cliente, lo prese per mano. «Venga con me. So io dove andare.» Si avvicinò al maggiordomo che le aveva indicato Marco, che li portò in una suite privata e li lasciò da soli.

Si trovarono davanti a una stanza le cui pareti erano affogate in un velluto rosso scuro che assorbiva ogni suono e ogni luce. Al centro della stanza c'era un grande tavolo rivestito di pelle nera, lucido e freddo. Alla prima vista sembrava un altare sacrificale. L'illuminazione soffusa evidenziò una struttura a croce in mogano laccato con polsini di metallo. Intorno, sulla pareti, c'era una selezione di fruste e paddle in cuoio intrecciato. Quello era il palcoscenico, e lei era l'attrice principale.

Richiuse la porta dietro di sé, lasciandoli ancora di più nell'oscurità. «Siediti e goditi lo spettacolo, il nostro tempo a disposizione non è molto, ma sono sicura che le piacerà.» Ferrara si sedette su una minuscola poltrona di pelle e aspettò.

Sara gli si avvicinò e, anziché denudarsi, si concentrò su di lui. Con lentezza esasperante, gli sfilò la giacca sartoriale, poi gli allentò la cravatta di seta e, infine, gli sbottonò la camicia. Era così decisa e delicata, che sembrava una chirurga in sala operatoria.

Si sfilò i lunghi guanti lentamente, dito per dito, rivelando la pelle nuda e calda delle sue mani. «Lei è un uomo che ama il controllo, Dottore. Stasera, il controllo l'ho io.»

Sara si sedette a cavalcioni sulle gambe di Ferrara. L'uomo sentì il contatto del suo corpo maturo. Sara si strusciò su di lui, il vinile dei suoi stivali che sfregava sulla sua erezione sotto i pantaloni.

Sara fermò il movimento, allungò la mano sulla pochette, tirò fuori il grande dildo in silicone liscio e pesante. Ferrara non sembrò sorpreso, ma follemente eccitato.

«Venti mila euro, Dottore. È il prezzo per rompere gli schemi e il culo. È il prezzo per avermi, magari non solo stasera, ma a sua richiesta quando vuole. Se accetta, ora si inginocchi davanti a me.» La voce di Sara era gelida. Si alzò in piedi.

Ferrara, umiliato ma preso da una lussuria folle, non oppose resistenza. Si inginocchiò sul tappeto. Sara, in piedi con i suoi tacchi a spillo, sembrava avesse una figura imponente, un potere che non aveva mai sentito in vita sua.

«La tua arroganza è finita, sei solo un oggetto per me,» le si alzò la gonna, si abbassò le mutandine e gli ordinò con voce altezzosa: «Leccami

L'uomo, in quel momento si trasformò nel suo schiavo, si avvicinò e le leccò la passera, liscia e secca. Appoggiò le sue labbra sul clitoride, lo succhiò, giocò con la lingua su quel piccolo bottone erotico. Sara non diede la minima sensazione di godimento; doveva essere lei a comandare.

«Bene, pervertito, continua a leccarmi.» Lui continuò a leccare quella passera avvolta in un manto di peli neri, la penetrò con la lingua. Il suo cazzo premeva nei pantaloni e aveva bisogno di tirarlo fuori, ma non poteva. Non poteva prendere iniziativa.

La sua mano nuda afferrò la nuca di Ferrara, tirandogli indietro la testa con una forza brutale. Lui si fermò immediatamente, il respiro caldo che le sfiorava l'interno coscia.

«Basta,» sibilò Sara. La sua voce risuonò nella stanza, ci stava prendendo gusto. Prese il dildo che aveva appoggiato sul tavolo e lo allacciò alla sua cintura. L'oggetto, lungo, scuro e duro, ora sporgeva aggressivamente dalla sua zona pelvica. Era una minaccia, una promessa. Si aggiustò la gonna e lo guardò dall'alto in basso, i suoi occhi freddi spiccavano da dietro la maschera.

«Dimmi quanto ti senti puttana ora, lurido verme?» non attese risposta, anche perché per il suo ruolo non poteva darla. Gli prese ancora una volta i capelli e lo avvicinò a lei. «Succhialo, puttana

Ferrara la guardò. I suoi occhi si dilatarono, si percepiva il terrore e l'umiliazione. Possibile che quella donna aveva capito il suo segreto? Possibile che aveva capito che la sua arroganza era solo una facciata di un mondo interno perverso?

Il dottore si avvicinò e obbedì immediatamente. Afferrò il fusto scuro del dildo e, con abilità inaspettata e quasi professionale, iniziò a succhiare. La sua lingua si mosse con esperienza, coprendo l'oggetto con avidità, quel gesto dimostrò un suo desiderio represso. Sara lo osservò. Si stava eccitando, quel potere che esercitava le era del tutto inaspettato.

Sara si staccò dal Dottore. La sua testa era piena di idee. Si diresse verso il manichino metallico e prese un guinzaglio di pelle nera pesante con un anello. Con un gesto rapido e indifferente lo mise intorno al collo di Ferrara.

«In piedi, cagna,» sibilò Sara.

Ferrara si alzò, aveva il viso rilassato, non sembrava più spaventato. Sara lo condusse in giro per la suite, i suoi stivali di vernice che battevano sul pavimento mentre tirava il guinzaglio con forza. Lo fermò davanti alla croce di mogano laccato. «Togliti i pantaloni,» ordinò.

I pantaloni caddero a terra. Lo sguardo di Sara cadde sul pene in erezione. Non era solo eccitato, era minuscolo.

Si lasciò sfuggire una risata aspra. «Oh, Dottore. Ora capisco perché ha inventato quella crema. Sperava in miracoli.» Poi aggiunse: «Ora togliti pure il resto,» e Ferrara rimase nudo completamente, evidenziando la sua pancia molto pronunciata. Era proprio un miserabile maiale.

Sara non gli diede il tempo di reagire. Lo spinse verso la croce. Utilizzando i polsini e le cinghie, lo imprigionò contro la struttura, legando strettamente i suoi polsi e le caviglie. Lo mise in una posizione che esaltava il suo stato misero da schiavo: il suo culo era esposto e prominente, mentre il suo pene minuscolo e la sua faccia erano rivolti verso il muro scuro, costretto a guardare solo il velluto.

Sara si allontanò con lentezza, scegliendo una frusta sottile in pelle da un gancio sulla parete. Il sibilo nell'aria fu il primo avvertimento.

Iniziò a colpire il sedere teso e immobile di Ferrara, non con rabbia, ma con precisione misurata. Le strisce rosse apparvero rapidamente sulla pelle bianca. Ad ogni colpo, Ferrara emetteva un gemito strozzato, un suono che non era di dolore puro, ma di piacere proibito.

Per aumentare l'eccitazione e confondere il dolore, Sara si avvicinò alla sua schiena, mordendola. La sua pelle era sudata e il sapore era molto aspro. Poi scese giù. Leccò l'ano del suo schiavo tra le natiche, la sua lingua calda che incontrava la tensione dei suoi muscoli, un misto di dolore acuto e piacere dilagante che fece urlare il Dottore contro il muro. Sara assaporò il sale del suo sudore e il potere.

Sara si fermò, lasciando la frusta. Si mosse davanti a lui, lasciando che lui vedesse il suo corpo fasciato nel vinile, un'immagine di comando. Toccò il dildo duro attaccato al suo harness.

«Adesso viene il bello, Dottore.» Il suo tono era tornato freddo come l'acciaio. Sara spinse il dildo contro il centro del suo sedere. «Scommetto che vuoi questo nel culo. Vuoi sentire questo cazzo finto farti urlare come la puttana che sei diventato. È così, non è vero?»

Ferrara ansimò, la testa che si muoveva freneticamente contro il muro nel tentativo di annuire. «Sì... sì!»

«Allora mi devi 20.000 euro per questo orgasmo. Subito.»

Ferrara, delirante per il desiderio, gridò: «Il mio cellulare! Passami il cellulare!»

Sara, mantenendo il suo ruolo, frugò nei pantaloni lasciati a terra e gli porse il telefono. Lui sbloccò l'app bancaria. «A chi... a chi devo fare il bonifico?»

Sara gli diede le coordinate. «A Marco. Quello che ha organizzato lo spettacolo. È il prezzo del biglietto.» Ferrara capì in un lampo l'intera messa in scena, ma la sua sottomissione era troppo profonda per fermarlo. Con le dita che tremavano, completò il bonifico di €20.000.

Appena il pagamento fu confermato, Sara glielo concesse. Posizionò il dildo all'ingresso del suo ano teso e iniziò una penetrazione lenta e profonda. Il silicone liscio e duro si fece strada nel passaggio stretto e riluttante di Ferrara, una violazione totale del suo controllo. Ferrara non emise un gemito, ma un singhiozzo gutturale, il suono di un uomo completamente sopraffatto. Sara cavalcò il suo corpo immobile con furia, sentendo la stretta convulsa e quasi dolorosa del suo ano attorno al dildo. Ogni spinta di Sara era un promemoria del prezzo pagato e del suo potere.

Mentre Sara intensificava la penetrazione, i suoi fianchi si muovevano in modo ossessivo, si chinò e, afferrando il pene minuscolo e tremante di Ferrara, iniziò a masturbarlo con forza. Era un gesto di ulteriore umiliazione: lei lo stava controllando sia all'interno che all'esterno. Ferrara non riusciva a coordinare i gemiti per la penetrazione anale del dildo con la frenetica stimolazione della sua virilità inadeguata. Dopo qualche minuto, sentendo la stretta finale, l'uomo non ce la fece più: sborrò in uno schizzo patetico e debole contro il muro di velluto rosso, la sua eiaculazione era l'ultima, miserabile prova della sua sottomissione.

Il suo lavoro era finito. I €20.000 erano al sicuro.

Sara si slegò da Ferrara e lo liberò dalla croce. Lui crollò ansimando sul tappeto di pelle d'orso. Lei si tolse il dildo con indifferenza e lo gettò a terra.

«Non ho ancora finito, Dottore. Ma questo, me lo prendo per me.»

Sara si sfilò la gonna in pelle, l'harness e il corsetto, restando in reggiseno e stivali. Si posizionò sul tavolo di pelle a quattro zampe, i glutei esposti e sollevati che premevano sul cuoio freddo.

Guardò Ferrara, sdraiato, e gli ordinò con un tono che non ammetteva discussioni: «Vieni qui e lecca ogni centimetro di questo cazzo finto che ti ha fatto pagare. Puliscilo come si deve.»

Ferrara, pur esausto e umiliato, strisciò verso di lei e obbedì. La sua lingua calda puliva il dildo di silicone con una foga quasi religiosa.

«Bene.» Sara riafferrò l'oggetto pulito. Lo tenne un attimo in mano, poi lo gettò sul tavolo. Il suo desiderio non era ancora sazio. «Adesso, Dottore. Quella merce non l'hai comprata. Pulisci questo

Con la mano nuda, Sara gli aprì le cosce e puntò il dito sulla sua vulva matura, gonfia e arrossata dal gioco. Ferrara capì e, come una macchina perfetta per il piacere, iniziò a leccare la sua figa con un'abilità inaspettata, spingendo la lingua in profondità e succhiando i suoi fluidi con ingordigia. Sara gemette forte, afferrando i suoi capelli, costringendolo a bere la sua essenza.

Quando il desiderio divenne insopportabile, Sara lo interruppe. Si riposizionò sul tavolo, a pancia in giù, sollevando di nuovo i fianchi. «Adesso basta. Mettimelo nel culo e spingi. Fammi venire con il cazzo che hai leccato tu.»

Ferrara si posizionò dietro di lei. Prese il dildo con entrambe le mani e, con una forza rinnovata dalla sua umiliazione, penetrò l'ano di Sara in modo violento. Lui spinse senza pietà, il suo corpo che si muoveva in una furia meccanica. Sara gridava il suo piacere crudo, le sue natiche piene che sbattevano ritmicamente sulla pelle fredda del tavolo. Non era il piacere dato da un uomo, ma la goduria totale e assoluta di aver usato e dominato ogni elemento della sua degradazione. Cavalieri dal dildo dell'amica e comandata da un uomo sottomesso, Sara raggiunse il suo orgasmo finale e violento, le sue gambe che si irrigidirono e i suoi fianchi che si inarcarono in un urlo liberatorio e finale.

Sara si rivestì immediatamente, aggiustandosi il vinile e gli stivali con la stessa freddezza chirurgica con cui aveva dominato Ferrara, lasciando il Dottore esausto e svuotato.

Marco l'aspettava nell'attico. Era in piedi davanti allo specchio, vestito in un elegante pigiama di seta.

«Hai superato il tuo tempo. Ti sei fatta pagare?» chiese Marco, senza voltarsi.

«Guarda il tuo conto online. Spero che abbia fatto un bonifico immediato,» rispose Sara, sorridendo con un angolo della bocca.

«Eccellente, Sara. Sei stata... maestosa. Sei la puttana perfetta. Ora ti giro i tuoi 1000 euro,» e cliccò sullo smartphone.

Sara sentì un'ondata di sollievo, seguita da un disgusto totale. «Quindi mancano ancora 30.000 euro al mio compenso totale?»

Marco si avvicinò a lei e le accarezzò dolcemente la guancia con il dorso della mano. «Sì, Sara. E sono sicuro che anche la prossima ti piacerà. Chiara si è rifatta viva. Ha un altro sogno erotico ed è sicura che tu la possa soddisfare. È disposta a cedere le azioni del marito; hai fatto colpo, a quanto pare. Del resto, per una comoda cifra di 500 euro, le ho fatto pure vedere la tua prestazione con Elisa. Non accetta rifiuti.»

«Prepara la valigia. Torni a casa

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