Affari di famiglia

  • Scritto da geniodirazza il 16/06/2023 - 08:02
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Affari di famiglia

Elettra, 60 anni, era da tempo figura eminente nel tribunale della sua città; Claudio, 61 anni, collega ed amico di famiglia, era da anni il suo amante e coglievano tutte le occasioni per inventarsi missioni che coprivano settimane di scopate senza limiti; di fatto, lei era la moglie di Carlo, 62 anni, imprenditore di successo che aveva sposato quando aveva venti anni e col quale aveva vissuto una stagione felice di pochi anni, forse i primi sette, quando lei era già una figura eminente tra i giovani avvocati rampanti, con una clientela scelta, e lui invece un piccolo imprenditore che si arrabattava tra piccole commesse; il predominio economico e sociale l’aveva posta nella condizione di dominare il marito e ridurlo a suo paggetto.

La ruota aveva girato per il verso giusto e lui, con un paio di iniziative ardite ma di successo, aveva visto crescere la sua impresa fino ad assumere un ruolo internazionale; la situazione si era ribaltata ed Elettra aveva cominciato a sentirsi indicare come la ‘moglie di lui’, specialmente in quei circoli importanti dove aveva brillato per qualche anno; il rancore contro il suo denaro e il suo successo non esplose mai, ma logorò da dentro i rapporti.

Quando se ne rese conto, Carlo cominciò a tacere alla moglie gran parte della sua attività e della sua vita; costituì fondi privati di cui lei rimaneva all’oscuro; gli ci volle poco per rendersi conto che lei si era completamente allontanata, al punto da non avere più rapporti a letto; riuscì a organizzare una tiepida sorveglianza, temendo che la moglie commettesse qualche sciocchezza; seppe con certezza che aveva accettato le avances del suo amico Claudio, avvocato anche lui, che li portarono presto a finire a letto.

Con Claudio aveva avuto un momento di scontro violento, quando lui aveva cercato di violentare Maria, una nipote della moglie Nicla, insegnante nel locale liceo; la ragazza, appena ventenne, urlò con tutte le forze, quando lo zio cercò di portarsela in uno sgabuzzino per approfittarne; Carlo, che per caso era in cucina, udì le urla, sorprese l’amico e lo colpì con un violento pugno; la ragazza gli si rifugiò tra le braccia e da quel momento divennero inseparabili.

Non ne parlò con nessuno e la cosa passò sotto silenzio; quando però ebbe la certezza che i due, l’amico e la moglie, avevano intrecciato una relazione, parlò con Nicla e si consultò con lei sulle mosse da fare; la donna fu chiara e decisa; aveva da tempo una relazione con Ettore, un collega di insegnamento più o meno coetaneo; lasciò che il marito, violento e aggressivo a letto, si sfogasse con l’amica e si organizzò una vita parallela con l’amante.

La reazione di Carlo fu analoga; accettò più volentieri le affettuosità che Maria gli dedicava; ma, al tempo stesso, le espresse con chiarezza i suoi dubbi sulla situazione, non volendo aprire un brutto contenzioso con la moglie avvocato, per un divorzio; la risposta della ragazza lo colpì molto; gli chiarì che non chiedeva un matrimonio o una vita a due; le bastava sapersi amata; acquistò per lei un appartamento in città, le assegnò un vitalizio da un fondo segreto e creò anche lui una vita parallela.

La prima copula l’aveva decisa Elettra e l’avevano consumata negli stessi locali del tribunale dove lavoravano; lo scopo era mortificare suo marito che, ai suoi occhi, cresceva troppo e la surclassava; quando aveva messo la mano nei pantaloni di Claudio, in un’aula vuota e chiusa da dentro, era rimasta impressionata dalla dimensione del fallo dell’amico di Carlo, che non aveva una brutta dotazione, e soprattutto amava forse troppo i preliminari vezzosi.

Claudio, con una mazza forse della stessa lunghezza ma di uno spessore decisamene maggiore, non aveva perso tempo ed Elettra si era trovata piegata in ginocchio a tentare di farsi entrare in gola un mostro mai visto, nelle brevi esperienze fanciullesche e nei dieci anni di matrimonio; aveva goduto molto a forzare la gola e a farsi spruzzare direttamente una lava di sperma; non avevano deciso subito di dare un seguito alla vicenda; ma avevano copulato più volte, in quelle aule.

Carlo aveva reagito ritirandosi di colpo quando, una sera, aveva tentato di possederla in vagina e si era accorto di una slabbratura sconosciuta; poiché conosceva i retroscena, si era girato dall’altra parte e aveva dato il via ad una separazione di fatto che sarebbe durata trent’anni; il rancore di lei si acuì per il gesto di rifiuto e lo rinnegò, scegliendo la settimana della copula dura contro l’atteggiamento di un marito debole e forse destinato ad essere cornuto.

Sapeva benissimo che Claudio non si risparmiava e che aveva copulato con tutte le segretarie del tribunale e tutte le impiegate disponibili ad un fallo così nerboruto e capace di stimolare le voglie represse più porche; aveva anche avuto notizia, da Nicla, che aveva tentato di violentare la nipotina dell’amica, Maria, una ragazza di vent’anni molto bella e affascinante; pare che Carlo fosse intervenuto anche brutalmente; ma tutto era stato soffocato per evitare lo scandalo.

La realtà era che Elettra ormai dipendeva da quel sesso e non avrebbe rinunciato mai al sesso violento; Claudio non aspettava altro che chiudere la porta della camera d’albergo dove si installavano; le sue mani volavano sul corpo di lei a palpare, stringere, strizzare seni, sedere e vulva; la montava quasi immediatamente infilandole di prepotenza la mazza fino alla radice e picchiando con colpi durissimi di cui lei avrebbe portato i segni almeno per una settimana.

I lividi che lei riportava da ogni incontro avrebbero insospettito chiunque; ma Elettra si era ormai abituata a tenere lontano il marito, se mai l’avesse cercata, almeno finché i lividi non fossero scoloriti; ben presto, non ebbe bisogno di preoccuparsi, perché erano diventati due estranei sotto lo stesso tetto, anzi nemmeno quello perché Carlo passava moltissime notti fuori casa, per lavoro o chissà che altro; l’unico punto era evitare lo scandalo.

Elettra e Claudio erano convinti di tradire i rispettivi coniugi perché a scadenza mensile si inventavano un impegno professionale per coprire una settimana di sesso sfrenato in una località elegante, mai la stessa; non si rendevano conto che, quotidianamente, i coniugi presunti cornuti vivevano un’altra vita; Nicla incontrava il collega Ettore la mattina ufficialmente a scuola e, nel pomeriggio, si recava clandestinamente a casa di lui dove si amavano perdutamente.

Carlo invece ormai non stava più in casa; quando non era in un cantiere o in ufficio, andava dalla sua amata e passava con lei ore meravigliose; ogni volta che davvero doveva partecipare ad una manifestazione fuori città, Maria era la sua accompagnatrice ufficiale, anche se non aveva nessun ruolo in azienda; per loro, era solo l’occasione per un turismo amoroso che vivevano con empito sempre quasi fanciullesco; lui non sentiva nessun senso di colpa perché lei lo amava così, senza certificati inutili.

Teneva sua moglie ormai alla stregua di un mobile poco usato; non avrebbe saputo neppure dire come fosse fatta sotto i vestiti, tanto poco la vedeva e la frequentava; gli anni trascorsi in questa totale sinecura avrebbero dovuto logorare qualunque rapporto; ma la tigna di Elettra cresceva a dismisura e si rinfocolava ogni volta che si rendeva conto di aver perso ogni contatto col marito; attribuiva la colpa al lavoro, per lui più importante, e forse ad un’amante segreta di cui non si curava.

La sua passione era ormai solo per le grandi copule che andava a fare con l’amante ogni volta che era possibile; non aveva limiti né termini, Claudio; neppure si preoccupava delle garanzie, nelle loro copule; quando lei interruppe la pillola per un mese, si rassegnò a fare sesso con il preservativo, avevano trent’anni circa, dieci dal matrimonio, quando lei si accorse che il preservativo usato si era rotto.

Le salì l’ansia che fosse rimasta incinta perché quella volta, come sempre, ci avevano dato dentro di brutto; con l’illusione di rimediare, la sera cercò di farsi possedere dal marito che la cacciò in malo modo; nacque un figlio che inutilmente tentarono di affibbiare a Carlo, che si astenne da qualunque contatto; giuridicamente, però, come marito legittimo, dovette accettare la paternità attribuita, anche se aveva test inequivocabili di non avere relazioni col bambino che non amò mai.

Anzi, Carlo intuendo che Elettra doveva avere fatto qualche sciocchezza e che cercava di coprire la cosa per attribuirgli il bastardo, fu costretto a riflettere che non aveva un erede e che, addirittura, il bastardo rischiava di diventare il suo successore nel piccolo impero che aveva costruito; quella sera stessa si fermò da Maria anche per la notte e le chiese di fare un figlio; lei ne fu felice e, per tutto il mese, copularono a pelle sperando che rimanesse incinta.

Il fatto surreale fu che ambedue le donne rimasero incinte, Elettra di Claudio e Maria di Carlo; quando gli comunicarono la notizia, lui ebbe reazioni opposte; con Maria, brindarono al nascituro che lui dichiarò immediatamente che sarebbe stato suo figlio legittimo a tutti gli effetti; avvertì invece Elettra che, appena nato, avrebbero fatto il test del DNA e sarebbe risultato chiaro che era nato fuori del matrimonio.

Una volta ancora, lei dovette umiliarsi a chiedergli di tenere segreto il test; di usarlo solo per evitare eventuali problemi per la successione nell’eredità, ma di non creare scandalo con la nascita irregolare; non garantì ma accettò di lasciare correre; ancora più surrealmente, la nascita dei due ragazzi fu contemporanea, in ospedali diversi e distanti, da due madri lontane fra loro; Carlo si inventò una urgenza per essere vicino a Maria e a suo figlio; Elettra ebbe accanto l’amante.

La situazione si incancrenì in un gioco ipocrita tra persone che vivevano insieme ma non si scambiavano neppure il saluto; Nicla era sulla carta la moglie di Claudio, ma sapeva perfettamente che il marito rincorreva tutte le donne tranne lei; a compensazione, si era creata una coppia parallela e stabile con Ettore; alla fine dei conti, le faceva anche comodo essere ignorata dal marito e libera di passare intere giornate e qualche notte con l’alternativa.

Passarono trent’anni nella più incredibile ambiguità; Carlo, col gioco delle due famiglie, riuscì ad essere vicino al figlio Arturo e a seguirne tutto lo sviluppo umano, sociale e culturale; trascurò assolutamente Francesco, figlio di sua moglie, suo per l’anagrafe ma in realtà di Claudio; quasi inevitabilmente, Arturo seguì studi di economia di suo padre; Francesco fu avviato alla professione di avvocato, quella del padre naturale e della madre, che adottò come riferimento.

Carlo aveva costruito la sua vita vera in parallelo a quella con la moglie Elettra; Maria gli aveva dato un figlio che, crescendo, si era stabilito negli stati Uniti e dirigeva un autentico impero commerciale; avevano un rapporto molto affettuoso e si sentivano quotidianamente in videochiamata; il cruccio di Arturo era che i genitori non decidessero di mollare tutto in Italia e di trasferirsi negli Usa; suo padre era troppo attivo per andare in pensione, ma qualche mese se lo sarebbe potuto concedere, di vacanza.

Elettra e Claudio, che avevano innescato la slavina su due famiglie, continuavano a cullarsi nel piacere di una settimana al mese di copula libera; lui, per soddisfare il suo eterno bisogno di vagina; lei, perché il desiderio di fare del male al marito e piegarlo ai suoi voleri si era trasformato in mero gusto di tenerlo sadicamente legato al matrimonio, con un figlio avuto da Claudio, ed impedirgli di costruirsi una vita alternativa, visto che quella con lei era da tempo prosciugata e arida.

Giocare sulle ambiguità, tradire metodicamente e ignorare il disinteresse dell’odiato marito divenne per Elettra l’arma per tenerlo sotto scacco; le supposizioni più varie le girarono per la testa, fino a pensare che fosse diventato gay ed avesse una storia con un uomo; l’unica verità, che aveva un’altra famiglia, un’altra donna amata ed un figlio quasi gemello di Francesco, non la sfiorava, perché, nella sua presunzione di superiorità, credeva che Carlo non potesse permettersi di pensarlo nemmeno.

Qualcosa, quando ragionava a mente fredda, le suggeriva che era paradossale la situazione che li vedeva separati in casa mentre lei si andava a prendere la sua brava dose di sesso in una qualsiasi località interessante; ma la tigna le impediva di fare anche il passo più piccolo per ricucire; meno difficile era, per Claudio, restare a fare il pascià in casa, anche se ormai la moglie era per lui meno di una collaboratrice domestica; non accettava nemmeno di pensare che lei avesse un’altra vita, un’altra storia.

Con questo spirito si erano trovati in località di mezza Italia, per una ennesima seduta di sesso; la motivazione ufficiale, a cui nessuno credeva e di cui nessuno si curava, era il convegno di magistrati a cui non potevano sottrarsi; la realtà invece era che avevano prenotato in un hotel di alta categoria, con Spa annessa, per avere per sette giorni vita bella, sesso e panorami incantati che Elettra si godeva mentre lo sperma le scorreva giù dalla vagina continuamente riempita da lui.

L’albergo offriva una visione fantastica, perso tra le montagne; non c’era neve, perché era primavera avanzata, quasi estate, e la bassa stagione favoriva vacanze e incontri; la scusa ufficiale era come sempre un convegno di studi tra avvocati; in un incontro al Sestriere, davanti al paesaggio dei monti su cui il sole tramontava, Elettra ebbe un momento di commozione, soffocato dall’assalto di Claudio che le fece sentire la mazza tra le natiche.

Le strinse il seno, da dietro, fino a farlo dolere ed afferrò i capezzoli, che sapeva assai sensibili, provocandole spasmi intensi di libidine; lei rispose allungando la mano dietro fino a sentire la consistenza rassicurante del fallo sempre valido, anche se avevano ormai sessant’anni e più.

Seguendo quasi un rituale abituale, sganciò il vestito scelto appositamente perché fosse facilmente apribile e gli si presentò in lingerie; la fece girare, si appropriò con forza della bocca e limonarono a lungo, succhiandosi a vicenda le lingue, mentre lui le palpava e stringeva con rabbia, quasi, le natiche ancora compatte e saporose e faceva strusciare il sesso tra le cosce contro lo slip e la vagina rorida già di umori.

La spinse seduta sul letto, si sfilò i vestiti e le piantò il batacchio sul viso; lei lo prese devotamente tra le mani e baciò la punta, succhiando dal meato la goccia di precum già apparsa; lui spinse il bacino e copulò in bocca; lei frenava lo slancio tenendo in mano, fuori dalla bocca, il grosso della mazza e dedicandosi alla cappella tra lingua e palato; deviò qualche spinta verso le guance, poi si fece penetrare in gola con l’irruenza che conosceva.

Non si impegnò molto a leccarla, Claudio; il suo interesse primario e forse unico era metterle il sesso in vagina o nell’ano e sbatterla con violenza; era il suo modo di esprimere la sua mascolinità e dominare una donna che sapeva di gran carattere, capace di tener testa ed umiliare un uomo forte come il suo amico Carlo che non aveva esitato a prenderlo a sberle quando lui ci aveva provato con la nipote di sua moglie.

In un angolo della sua coscienza, Elettra si vergognava quando si vedeva nello specchio sottomessa ad un caprone maschilista e oppressivo; per molto meno, aveva distrutto la sintonia con suo marito; ma di fronte a quella mazza che le sconvolgeva vagina, ano e mente non riusciva a controllarsi nemmeno dopo trent’anni di copule, con un figlio diventato avvocato come lei e come il padre naturale, che continuava a farle fare sesso, con il disfacimento totale di due famiglie.

Un gesto per scacciare i pensieri tristi; si rovesciò sul letto e lo sentì che la assaliva senza esitazioni, senza preliminari; sapeva che i colpi che infieriva sul pube avrebbero lasciato, al solito, lividi ormai quasi indelebili; ma la tigna era diventata un habitus a cui non poteva più sottrarsi; quindi, si godeva le sollecitazioni libidinose che provocava in lei la mazza che la violentava ed aspettava gli sviluppi previsti e immutabili.

La scopava con rabbia a lungo, facendole più volte cambiare posizione; la prendeva da sopra, da dietro, di lato, facendole sollevare una gamba quando erano stesi a trenino e la mazza sbatteva in vagina mentre lei masturbava il clitoride; quando la metteva carponi era chiaro che l’avrebbe posseduta, a lungo e dolorosamente, in vagina per un tempo lunghissimo di piacere; poi spostava la cappella all’ano e la penetrava senza lubrificazione; più volte l’aveva fatta sanguinare.

Anche quella sera copularono come al solito; era l’ultima prima del ritorno; il suo treno partiva in mattinata e avrebbe impiegato un’eternità ad arrivare a casa; lui sarebbe rientrato in macchina, perché avevano scelto di evitare di andare insieme, per non insospettire e creare i presupposti di un possibile scandalo che ad Elettra sarebbe risultato fatale per i rapporti di ipocrita cortesia che teneva con i ‘salotti buoni’ della città dove ormai Carlo era primadonna e lei solo una comparsa.

Claudio, cosciente che era l’ultima ‘botta’ almeno per quella tornata, si gettò come un falco su di lei e spinse il sesso più profondamente che poteva, picchiò a lungo sul pube con una violenza inusitata; la fece girare, la montò a pecorina; lei si limitava ad urlare il suo piacere anche davanti ai colpi più duri; quando passò al lato B e la penetrò analmente senza avvertirla, la fece urlare di dolore; l’imperturbabile avvocato difensore delle libertà si fece sbattere come un zerbino e godè più volte.

Non sembravano arrendersi di fronte a niente; lei aveva il basso ventre tutto arrossato, che si sarebbe poi illividito, lui sentiva che gli bruciavano fallo e testicoli tanto l’aveva posseduta; sembravano temere l’ultima eiaculazione, quella che avrebbe chiuso la vacanza, mentre l’orologio incalzava perché il treno non aspettava e lei doveva essere a casa in serata per andare in tribunale la mattina seguente; si scatenarono in un’ultima violenta aggressione e godettero, alla fine.

Elettra si precipitò in bagno, si risciacquò sotto la doccia; chiuse a chiave per impedire che Claudio tornasse all’assalto per un’altra copula che le avrebbe fatto perdere il treno; riuscì a vestirsi e lo spedì in anticipo nella hall per frenare ulteriori passioni; finalmente uscirono, montarono in macchina e lui filò diritto alla stazione; lei uscì di corsa dall’auto e raggiunse il treno che quasi si avviava; lui prese l’autostrada.

Arrivata come dio volle in città, stanca di un viaggio massacrante con vari cambi sul percorso, trovò la casa vuota; accese il telefonino che aveva dimenticato spento e lesse con terrore il messaggio di Carlo che l’avvertita che erano all’ospedale dove Claudio era in fin di vita per un incidente in autostrada; piangeva a dirotto, mentre prendeva un tassì che la portò all’ospedale; al letto del moribondo, c’era la moglie Nicla, severa ma con gli occhi asciutti, suo marito impassibile e suo figlio Francesco.

Piangeva come una fontana ma nessuno si curava delle sue lacrime, solo suo figlio andò ad abbracciarla per le spalle consolandola; le chiese come mai fosse così accorata, mentre la moglie e l’amico erano rassegnati; fu Carlo a parlare.

“Ragazzo, è tutto regolare; le uniche persone che devono piangere il moribondo sono il suo orfano e la vedova in pectore; sappi che il moribondo è il tuo padre naturale; io sono solo stato raggirato per riconoscerti legittimo; tua madre ti ha concepito con l’uomo che da sempre è il suo amante; lo sapevo io e lo sapeva la moglie, per questo non piangiamo un falso amico e un pessimo marito; solo tua madre ha perso l’amore della sua vita; per questo lo piange con tanta accoratezza.”

Elettra scattò come punta da un serpente.

“Non è l’amore della mia vita; ti ho fatto le corna con lui per trent’anni perché te le sei volute; ho avuto un figlio per un preservativo bucato; l’uomo che amavo, prima che diventasse un tiranno, eri tu e ti avrei amato sempre, se non fossi diventato troppo ricco, troppo potente, troppo importante … “

“Che diavolo vai dicendo? Dove sarebbe la tirannia di cui blateri da perfetta cretina?”

“Mamma, io non ho un rapporto buono con mio … scusa … con tuo marito; ma sei stata tu a inculcarmi il rancore contro di lui, sei stata tu a suggerirmi di appoggiarmi a ‘zio Claudio’, zio un corno; era solo il tuo amante; sei stata tu ad imporre la tua dominazione … “

“Certo; e doveva essere sempre così; mio marito, questo povero individuo che non aveva quattro soldi quando mi sposò a vent’anni, sapeva benissimo che da sempre ho voluto essere prima in ogni cosa; era giusto e gli stava bene fare il paggetto quando io imperavo nei salotti della città; poi ha cominciato a fare quattro soldi, ad essere l’imprenditore di successo e mi ha messo in ombra, ha dominato tutte le scene ed ho dovuto abbandonare tutti i circoli per non essere solo la moglie dell’eroe.”

“Mamma, questa è patologia, è mania d’onnipotenza; che hai fatto allora? Hai fatto un figlio con un altro?”

“Tu sei stato un incidente di percorso, te l’ho detto; a lui volevo imporre che si umiliasse, che si inginocchiasse a me come aveva fatto per dieci anni, quando era nessuno; per insegnarglielo, ho copulato col suo migliore amico, per rendere più pesanti le corna; questo farabutto se ne è stato impassibile a prendersi le corna; ora sono anche felice perché lui sapeva; bene gli sta; per lo meno un poco gli ho spezzato la cresta … “

Nicla era stata in silenzio; parlò con molta calma.

“Cara amica, non riesco a sentirti diversamente neanche dopo che la verità sta emergendo; le corna le hai fatte anche a me, mi pare … “

“Ma tu non contavi e non conti niente!”

“Mamma, stai attenta a quello che dici; sei avvocato e sai che puoi commettere reato … “

“Nessun reato, caro il mio avvocatuccio; dico solo che non aveva nessun peso; suo marito già la riempiva di corna con tutte le donne del tribunale e dei circoli che frequentava; era e resta una persona inutile … “

“Elettra, la misura l’hai riempita; una sola goccia e l’alluvione ti travolge; Francesco, è chiaro che non puoi più portare il mio cognome, perché è un falso … “

“Si, Carlo, hai ragione; qualunque sia l’esito del vostro scontro, io, e i miei figli con me, dobbiamo assumere il cognome di mia madre; e ci aggiungo ‘purtroppo’; faremo un test del DNA che dimostrerà che non sono tuo figlio e non potrò farmi riconoscere dal moribondo pace all’anima sua. Dovrò cambiare città perché la modifica del cognome solleverà molto scandalo e sarei professionalmente finito”

“Un’anima molto candida, il tuo padre naturale, visto che mi faceva le corna con tutte le gonnelle che incontrava fino a questa degna signora che incontrava una volta al mese e rimandava a casa da restaurare, tanto malconcia la riduceva; Elettra, non credere di nascondere i lividi, le umiliazioni e le mazzate morali e fisiche che ti infliggeva; io so chi era quel caprone; ci ha provato anche con mia nipote, il maledetto; e se le è prese di santa ragione da Carlo che lo fermò in tempo.”

“Nicla, cosa dici? Claudio tentò di violentare Maria e Carlo la difese?”

“Amica mia, e te lo ripeto ancora, non tentare di approfondire il tema; ci sono in questo pozzo di melma novità che ti possono uccidere; bellissima la tua difesa dell’arroganza del potere che tu hai espresso, non Carlo; sei tu che volevi primeggiare e, non riuscendoci, hai creduto di punirlo facendoti sbattere da mio marito; non sai chi è stato veramente massacrato … “

“Adesso mi vuoi fare paura? Non ce la fai con me; non c’è niente che mi possa colpire; ho vinto e mi basta.”

“Hai vinto? Con l’amante morto, col marito perso da trent’anni e il figlio che deve scappare per la vergogna che tu gli hai imposto? Hai calcolato cosa succederà nei salotti che ami tanto, quando si saprà che hai fatto le corna a tuo marito per trent’anni e hai cercato inutilmente di rifilargli un figlio non suo?”

“Forse dovrò cambiare anch’io città; ma le corna non gliele toglie nessuno …. “

“E quelle tue le porti con te nella nuova residenza?”

“Quali corna? Tu e Carlo avete … ?”

“Sei banale e destinata a perdere; io, da quando si parlò del ‘vizietto’ di mio marito, lo ripagai con una moneta simile; lui cercava tutte le vagine disposte; io mi cercai un solo uomo, non un fallo ma un uomo tutto intero, diverso da quello che ti prendevi tu, un amore pulito e completo, corpo e anima; tu ci copulavi, anzi ti facevi sbattere una settimana al mese, la vostra ‘vacanza’, come la chiamavate; sappiamo tutto, non spaventarti.

Carlo è un grande imprenditore con un vasta ed oculata squadra di vigilanza; ti hanno contato i lividi sulla vulva, sul sedere e sui seni; è in grado di documentare ogni tua mossa fino al viaggio di oggi dopo la copula al Sestriere; tu invece avrai il piacere di conoscere l’uomo che amo veramente, non per obbligo matrimoniale o per recita sociale; saprai che il tuo Claudio, che non è mai stato mio, si spaccava le corna ad ogni porta che traversava.

Io vedevo il mio amore a scuola per professione ma anche, ogni giorno, a casa sua; lo amavo con tutta me stessa; non ho potuto farmi dare un figlio perché ero sterile ma ho vissuto e vivo la vita più bella possibile, una volta in parallelo con la prigione del matrimonio e dell’ipocrisia; da oggi, in assoluta verità e libertà; da stasera il mio amore dorme e vive con me.”

“Touché, complimenti; sei stata brava; ma continuo a ritenerti inesistente per me; la tua presenza era assolutamente evanescente rispetto a Claudio; tu invece, marito mio caro, come te le sei portate le corna?”

“Mamma, credo che sarebbe prudente che non ti informassi; hai capito che si sono mossi insieme? C’è da scommettere che stai per scoperchiare un’altra vita parallela, un altro amore che ti sommergerà di fango e ti farà scomparire … “

“Francesco, ma che vai dicendo? Io ho sposato quest’uomo, so chi è; è stato sempre così innamorato di me che non può avere amato nessun’altra; per tua informazione, se non è innamorato, non riesce a copulare; quindi niente corna per me … “

“Mamma, per un momento, ti prego, apri gli occhi; guarda la verità anche da un altro punto di vista; Carlo è stato innamorato di una ragazza di vent’anni che lo ha dominato; oggi ne ha sessanta e più, ma ne ha avuto trenta, quando tu hai sbroccato e già non era lo stesso, ne ha avuto quaranta e poi cinquanta ed era sempre nuovo; tu non lo conosci; io c’ero quando spariva per settimane e non voleva neppure sentire il tuo odore; io so che valevi per lui meno dell’attaccapanni; cerca di non provocare ancora; limitati a chiedere la separazione e vieni con me a Bologna; forse trovi un altro amante e riesci ad avere lo schiavetto che cerchi; qui rischi di scoprire verità dolorose … “

“Quello che dici è vero; ma adesso ancora di più voglio sapere se ho perduto anche questo scontro. Carlo, hai tradito me come Nicla ha tradito Claudio?”

“Elettra, stai a sentire tuo figlio; accontentati della presunta vittoria; illuditi che le tue corna mi abbiano sconfitto … Ragazzi, io vado a casa; qui non siamo utili a nessuno; a casa possiamo organizzare tutto, a cominciare dai funerali ormai inevitabili.”

Andarono via in due macchine, Carlo con Nicla ed Elettra con suo figlio Francesco; parlarono a lungo nel percorso e il figlio era sempre più inorridito dal racconto di sua madre nella quale una seria patologia sembrava evidente dagli errori commessi in tanti anni per un rancore mai sopito e non giustificabile; si augurava che le novità che si profilavano non la deprimessero troppo, ma i timori erano tanti e giustificati.

Quando i quattro entrarono nella casa di Nicla, trovarono ad aspettarli, in salotto, davanti ad un caffè fatto da poco, Ettore e Maria; l’uomo si alzò in piedi ed andò ad accogliere a braccia aperte la padrona di casa, che pianse un poco sulla sua spalla, poi girò il viso e baciò l’uomo sulla bocca, appassionatamente, incurante degli altri la cui presenza sembrava evaporare per l’amore che li univa; Maria si limitò a carezzare le spalle della zia e, appena poté, la baciò sulle guance, mentre si stringevano le mani.

Carlo, rivolto a Francesco, gli disse.

“Quello è Ettore, il grande amore di Nicla; lei è Maria, sua nipote .. “

Francesco proseguì sussurrando.

“E lei è il tuo grande amore, immagino.”

Elettra che sembrava ancora immersa nelle nuvole o forse non aveva proprio capito niente chiese ingenuamente.

“Maria, sei qui per consolare tua zia, immagino.”

“Principalmente sì; ma credo che ci siano anche altri motivi … “

“Mamma, non renderti ridicola, adesso; non è per caso lei la ragazza che tuo marito difese a pugni dal tuo amante?”

“Che vuoi dire?”

“Che lei è il grande amore di Carlo; bastano gli sguardi, per capirlo … “

“Ah, quindi tu hai avuto una storia con la nipote di Nicla … “

“Carlo, abbi pazienza e sopportala; non ragiona e troppe tegole le cadono sulla testa; mamma, hai mosso tu il bastoncino che tratteneva la slavina; ora la neve ti precipita addosso e quello che tu consideravi il fango da spargere in giro ti sta sommergendo!”

“Elettra, cerca di abituarti alla sconfitta; il bastoncino di cui parlava Francesco ha scatenato su di te la valanga che adesso ti sta travolgendo; a noi ha aperto due strade maestre; Nicla da più di trent’anni, da quando suo marito aprì la caccia alle gonnelle del tribunale, ha una storia meravigliosa d’amore, bada bene di amore vero, con Ettore; io da quando copulasti con Claudio decisi di ricambiarti la cortesia e mi abbandonai all’amore immenso, infinito che provavo per Maria.”

“Quindi lei tradiva il marito da più di trent’anni e tu tradivi me da prima che nascesse Francesco!”

“Noi non abbiamo tradito nessuno; abbiamo risposto a un abbandono con la scelta di un amore vero; a voi abbiamo lasciato le settimane di copule in Italia; ho fatto i conti e in 360 settimane voi avrete copulato da scimmioni un migliaio di volte; Nicla si vedeva tutti i giorni con Ettore e insieme hanno fatto traduzioni, scritto racconti e fatto l’amore, tanto, tanto amore; è mancato il figlio perché Nicla non può averne; se avesse potuto, il suo matrimonio sarebbe saltato e avrebbero affrontato lo scandalo.

Io per trent’anni ho vissuto una doppia esistenza, una con una moglie che contava meno dell’attaccapanni, come ha avuto l’intuizione di dire tuo figlio; l’altra con una donna che ho amato ed amo come la luce dei miei occhi; facciamo tanto amore; tu sai di cosa sono capace in una notte d’amore; ne abbiamo avuto migliaia; voi prenotavate alberghi in Italia; io e Maria abbiamo girato l’Europa e il mondo.

Lei mi è stata vicina con tutto l’amore di cui può essere capace una donna; certe volte l’hanno nominata miss convegno, anche se non aveva niente a che fare con l’imprenditoria, ma solo perché è bellissima; nel mio scrittoio troverai i ritagli che la celebrano.”

“Però io ho Francesco che mi consola di tutto … “

“Francesco, mi dispiace per tua madre che è ostinatamente ottusa e deficiente. Tu hai un fratellastro, perché al momento sono ancora marito di tua madre e tuo patrigno legittimo; ma hai un gemello putativo, un figlio nato lo stesso anno lo stesso mese e lo stesso giorno tuo, con qualche ora di ritardo; è figlio mio e di Maria; poiché è decisamente figlio mio, ha scelto Economia; oggi è più bravo, più forte e più potente di me, vive negli stati Uniti; non sai quanto ne sono orgoglioso.”

“Tu hai un figlio con un’altra donna?”

“Io ho il figlio dell’amore, dell’orgoglio, della dolcezza di essere padre, gli sono stato vicino finché ha messo le ali, è volato via e si è dimostrato capace più di me; non lo sminuisco agli occhi degli altri come fai tu che chiami ‘avvocatuccio’ Francesco, una delle menti più brillanti del tribunale; ma io non ho verso Arturo, mio figlio si chiama così, il rancore assurdo che hai avuto per me e che scarichi adesso su tuo figlio, nel timore di vederti messa in ombra dalla sua bravura.

Bada, Francesco, ti parlo ancora da patrigno ufficiale, tua madre vuole distruggerti per restare ancora la primadonna e non si arrende alla realtà; ma soprattutto, non ha la sensibilità di una moglie che gioisce delle vittorie di suo marito che fa diventare anche le sue vittorie né quella di una madre felice di sapere che suo figlio si è fatto strada con le sue forze; cara Elettra, il tarlo che ha ucciso tutto non è stato sconfitto; ce l’hai ancora dentro e minacci ancora danni.”

“Pap … scusa, Carlo, la forza dell’abitudine; non devo fare sforzi per ricordare; ora so che mi vivevi come un corpo estraneo e testimonianza del vostro fallimento; eppure non mi risparmiavi quei consigli che hanno avuto per me più valore di altri insegnamene aridi e forzati; quando mi dicevi di andare dietro al cuore ma di usare sempre il cervello, sapevo quel che dicevi e ci sono stato bene attento.

Non sono tuo figlio, ed è dato scientifico; ma l’imprinting me lo hai dato anche tu, silenziosamente, lasciando che ti rubassi l‘esempio, l’insegnamento; mamma non sta bene; è corrosa da un tarlo terribile che l’ha distrutta nel tentativo di farti male, di fare male a tutti voi; domani avvierò le pratiche per il disconoscimento di paternità che è un atto dovuto; quando io e i miei figli saremo diventati altre persone, non potrò restare in città e mi trasferirò a Bologna, dove spero di ricominciare bene.

Mamma farebbe bene a chiedere la separazione consensuale senza scandali per non peggiorare la sua situazione; poi se ne verrà a Bologna, se vorrà accettare di diventare nonna a tutti gli effetti; se invece avrà ancora pruriti di vulva, si cercherà dove le pare mazze grosse che la sbattano; è mia madre e le voglio bene da figlio, ma non mi perderò dietro di lei e non reagirò alzando muri contro di lei; lascerò che viva in pace e cercherò la mia pace.”

“Te lo auguro di tutto cuore, ragazzo; Maria perché te ne stai ferma impalata?”

“Non mi interessa che tutti vedano quanto ti amo; lo sappiamo e ci basta; se non capisco male, da domani sia Nicla che tu potrete esibire il vostro amore; ci sto, ma non vengo a vivere con te e devi avere una casa tua dove rifugiarti quando non ti vorrò tra i piedi; non chiedermi certificati o testimoni di nozze; continuerò a vivere come abbiamo fatto, amandoci senza limiti e godendoci nostro figlio fino a quando avrai l’energia per lavorare; quando sarai troppo vecchio per vivere da solo, ripenseremo la nostra convivenza.”

“Sempre spietata, tu! Non un volta che ti arrendi?! Perché non vuoi condividere odori, sapori, aria, amore, quotidianità? Abbiamo trascorso tanto di quel tempo insieme che considerarti moglie è il minimo; non riesci proprio a vedermi marito o compagno di vita?”

“Tu sei da trent’anni mio marito, il mio compagno di vita, il mio amore; ma da sempre ho deciso di non arrendermi ai riti formali; non ti basta il cemento che costituisce Arturo, tra noi due?”

“Tutto giusto; mio figlio basta e avanza per esserti legato da un cordone ombelicale; quando lo senti?”

“Se ti va, lo chiamo adesso stesso, per aggiornarlo almeno sulle grandi novità; potrebbe essere l’occasione per fargli conoscere il gemello putativo, di cui sa solo poche notizie, ed Elettra, di cui ha tanto sentito parlare.”

Accese il tablet e si connetté; Arturo comparve con tutta l’energica bellezza di trentenne al top della forma.

“Ciao mamma superbellissima, cosa succede?”

“Devi ascoltarmi a lungo; puoi?”

“Signori, la seduta è sospesa perché mi pressano appuntamenti più urgenti; andate a bere un caffè, riposatevi, dormite, fate l’amore, insomma datemi un’oretta; poi riprendiamo.”

Francesco era incuriosito; si rivolse a Carlo.

“Che diavolo sta facendo? E’ ovvio che parli inglese, ma pare che tutti abbiano il traduttore … “

“Maria l’ha colto nel pieno di un riunione con rappresentanti di tutto il mondo; questo è il suo livello di impegno; ma per la madre farebbe aspettare anche la morte; lo adoro, quel maledetto!”

“Qual è il rapporto con te?”

“Adesso lo vedrai.”

“Mamma, dimmi.”

“L’uomo di Elettra, insomma il padre naturale di Francesco è moribondo per un incidente automobilistico; è stato il momento della resa dei conti e si è parlato anche di te, col tuo gemello putativo e con la moglie legittima di tuo padre … “

“Ah .. quindi posso anche vederli, finalmente?”

“Se ti va, questo è Francesco, tuo padre dice che è ancora il legittimo figliastro o il tuo gemello putativo … “

“Ciao, Francesco; mi fa piacere vederti; sai che siamo nati quasi insieme? Senti, tu sei avvocato; e mi hanno anche parlato bene di te come esperto di diritto internazione del commercio. A parte la parentela più o meno credibile, se dovessi progettare in Italia, che so, un team di legali per tutelare gli interessi che per ora sono ancora di mio padre ma che prima o poi mi farò cedere per mandarlo in pensione, potrei proporti come coordinatore di quel team a rappresentare gli interessi della nostra azienda?”

“Ciao, fratellastrone! Sei proprio la copia di tuo padre; l’azione viene quasi prima del pensiero; il cuore parte e il cervello da la rotta. Sì ci starei, non solo per affetto al mio patrigno che ho comunque amato e che rispetto profondamente, non solo per simpatia inevitabile a chi è nato insieme a me, ma anche perché un’offerta del genere non si fa tutti i giorni.”

“Bene; mamma, questa è Loredana, ufficialmente la mia segretaria ma in realtà qualcosa di più; parlo in italiano così lei non mi capisce; che te ne pare’”

“Non è vero, Maria, io capisco bene l’italiano; è lui che mi fa passare per ignorante!”

Comparve una meravigliosa ragazza che fece ciao ciao al gruppo; i sussurri di commento si sprecavano.

“Mamma, ma quel musone di mio padre, dov’è?”

“Sono qui, essere inqualificabile; che guai combini ancora?”

“Vecchio, avevi ragione; quei bond dell’Ecuador erano un bidone; meno male che mi hai suggerito di vendere. Quando ti decidi a prenderti una vacanza di qualche mese e a venire qui?”

“Ti ho sentito, avvoltoio; sto pensando davvero di lasciare qualcuno a dirigere la baracca e di venire a prendere un po’ di sole del Pacifico con tua madre.”

“Se non ho capito male, ci sono situazioni in movimento … “

“Si; da domani sarò separato dalla legittima consorte e potrei vivere con tua madre, che non mi vuole.”

“Mamma, è vero?”

“Arturo, io non me la sento di fare la moglie; ci basti tu a farci sentire famiglia … “

“Si; ma se ve ne venite qualche mese qui, potete scaldarvi al sole della California e sicuramente ci vedremmo spesso … “

“Insomma, vuoi aiutare tuo padre a incastrarmi nella convivenza?”

“Senti, ragazzaccio, se davvero io ti cedo tutto il patrimonio in Italia , cosa ne ricavo in cambio?”

“Ti nomino Presidente Onorario del gruppo con diritto di consulenza e voto, vediamo in che termini; la parte italiana la affidiamo a Francesco di cui mi pare che ti fidi; tu e mamma vi trasferite in California dove compro due case vicine e mi impegno a passare almeno quattro mesi all’anno con voi; poi, se mi sposo, ti promuovo nonno permanete effettivo; che altro puoi volere dalla vita?”

“L’assenso di tua madre; se lei decide che veniamo a stare con te, nel giro di qualche mese sistemiamo le cose qui e prendiamo il primo volo.”

“Tu pensa alla burocrazia; mamma fa i conti con me e viene dal suo bambino; tra poco devo scappare; chi c’è da salutare?”

“Nicla ed Ettore li conosci bene!”

“Ciao, zietta meravigliosa; lo so che dovrei farti le condoglianze per la vedovanza prossima; ma di quell’uomo so solo che ha cercato di violentare mia madre e che s’è beccato i pugni da papà; invece con Ettore mi sento più a mio agio e sono convinto che si apre una parenesi felice per voi; anzi, professori, devo dirvi che ho incontrata una gran bella editora … ahi, perché mi picchi? … Gelosa come una siciliana, questa ragazza; l’ho incontrata per caso e le ho parlato di zia Nicla, di Ettore e dei loro lavori.

Insomma, se son rose fioriranno, ma non mi pare una che parla per dire .. anche Loredana è d’accordo che è affidabile; chi manca ancora? Ah, Elettra, mi dispiace non averti mai incontrato prima, sei un personaggio di quelli che amo; il don Chisciotte che combatte coi mulini a vento, poi sei la mamma di Francesco … “

“Per un doppio errore … “

“Le corna a mio padre o il preservativo bucato?”

“Anche questo sai?”

“Bada che mio padre è cristallino, non mi ha mai taciuto niente; per questo lo ammiro al di là del legame di sangue.”

“Io invece l’ho buttato nella spazzatura e per fortuna qualcun altro l’ha raccolto … “

“Da questo punto di vista, devo solo ringraziarti, anche se non so cosa sarebbe successo se davvero fossero nati due gemelli da voi due ed ora sarei il primogenito di due pesti … “

“Perché primogenito?”

“Bello, in una coppia di gemelli la legge riconosce la primogenitura a quello nato dopo; io ho qualche ora di svantaggio su di te.”

“Devo dirti che sono assai invidioso?”

“Perché? Hai una bella famiglia, due figli mi pare, una madre ancora bellissima e una professione d’oro; che altro potresti invidiarmi?”

“Hai ragione; niente; solo mi dispiace non poterti frequentare, prendere insieme un caffè … “

“Bada che se papà decide la grande manovra sarai assai più coinvolto di quel che pensi, nei nostri affari; e ci dovremo sentire spesso, anche se solo in teleconferenza; dai, fammi salutare la mia mamma meravigliosa e il mio immenso papà; poi devo riprendere la riunione e non puoi immaginare che rogne.”

“Carlo, davvero pensi di disarmare e andarcene al sole? Non sei troppo giovane?

“Pensa per te e dimmi se ti va; lasciami le mie paure … “

“Paure? Perché?”

“Perché tra dieci anni tu sarai ancora più calda e vogliosa di Elettra e a me non basteranno i pranzi a viagra per tenerti testa; dieci anni in più pesano molto, a una certa età … “

“Senti, grande stupido; ti ho amato a venti anni, non ho smesso a trenta, a quaranta o a cinquanta; a sessanta, se non ce la farai, imparerai a usare anche meglio la bocca e le mani, ci doteremo dei giocattoli sessuali più avanzati e tu sarai sempre il mio unico insostituibile amore; pensa invece se quel figlio scapestrato ci facesse nonni; quella sarebbe una gioia vera; io ci vengo con te al sole della California.

Poi so bene che cominceresti a vendere sorbetti in spiaggia per realizzare una fabbrica di gelati; ma quello sei tu e io sarei arcifelice di starti vicino, né davanti, né dietro, né sopra né sotto, ma accanto, con tanto affetto, sospettoso amore mio.”

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