Babbo Natale si confessa

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BABBO NATALE SI CONFESSA

Mi chiamo Nikolaus. Per tutti sono Babbo Natale, i bambini anglofoni mi chiamano anche Santa Claus.

Iniziai a redigere un diario sotto consiglio della mia terapista: sí, sono in terapia da una decina di anni. Sfido! Per secoli consegni regali ai bambini di tutto il mondo, sacrifichi tutto, fai di questo la tua unica ragione di vita e persino accetti di vivere al Polo Nord (io odio il freddo!) insieme a una schiera di folletti verdi fastidiosi e animali pelosi. Poi di colpo la gente smette di credere in te, usa la tua immagine solo per promuovere in tv bevande gassose e preferisce ordinare su amazon i regali per i figli perché Amazon non consegna solo una volta l'anno mica come quello sfaticato di Babbo Natale che si arroga addirittura il diritto di dividere i buoni dai cattivi. Farebbe impazzire chiunque!

Incominciai a bere qualche bicchiere di troppo, ad incupirmi e a trattare male i miei aiutanti folletti che presto mi abbandonarono. Di conseguenza persi le mie renne un giorno che avevo dimenticato di chiudere la loro gabbia. Restó solo Rudolf, da sempre e per sempre fedele.

Quando hai un problema spesso lo neghi e preferisci incolpare gli altri. Peccato  che Rudolf non sapesse parlare, magari lui mi avrebbe fatto prendere coscienza di quel che stavo diventando. Mi chiusi sempre più in me stesso e lentamente mi trasformai in un cinico rancoroso.

È tempo comunque che il mondo conosca le aberrazioni che arrivai a compiere. È tempo di rendere il mio diario di pubblico dominio. Io sono sconfitto e mi ritiro dal mio incarico. Perciò non ho più una reputazione da difendere.

I fatti che sto per narrarvi risalgono ai primi anni duemila. A causa della mia
trasformazione o sarebbe meglio dire depravazione la mia storica fidanzata, la Befana, mi aveva appena lasciato. Ricordo che un giorno arrivai quasi a violentarla provando a somodizzarla senza lubrificazione, contro la sua volontà; lei provó a dimenarsi e pregarmi di smetterla ma ad ogni sua lacrima di dolore io la spingevo più forte contro il letto e le sfondavo il culetto con più brama. Il giorno dopo mi lasció dicendo che non mi riconosceva ormai. Ero diventato violento e dovevo stare da solo per riesaminare le mie priorità.

Ancora una volta non capí e mi ritrovai addosso solo una gran voglia di vendicarmi nei confronti del genere umano soprattutto di sesso femminile...Quella bigotta! Tutta colpa sua: mi aveva assoggetto troppo a lungo. Sarei stato meglio senza di lei, pensai. Ero libero di farmi qualcuna che mi facesse finalmente un pompino con ingoio: la Befana mi costringeva a venirle nelle calze ogni volta...

Iniziai a concepire l'idea che la frustrazione e la rabbia che sentivo dentro fossero unicamente riconducibili a una repressione  di tipo sessuale. Per guarire dovevo realizzare tutte le fantasie che con la mia ex erano rimaste insoddisfatte, soprattutto le più perverse. Se necessario me le sarei prese con la forza.

Non di rado durante le mie incursioni notturne la Vigilia di Natale mi era capitato di posare lo sguardo su giovani donne indifese di cui sarebbe stato facile approfittarsi o mogli dormienti accanto ai mariti che ancora grondavano del loro seme in mezzo alle cosce. Non mi era mai saltato in mente di venir meno al mio sacro dovere e alzare un dito su di loro. Ora però ne avrei rapito una e trascinata al Polo Nord ne avrei fatto per un po' la mia schiava sessuale. Dopotutto nessuno crede più all'esistenza di Babbo Natale, non rischiavo nulla. La mia scelta ricadde su Arianna.

La notte della Vigilia mi intrufolai, naturalmente passando attraverso il camino, nella bella villetta della famiglia Donato. La famiglia Donato è una delle più facoltose famiglie di tutta la Campania, possiede una villetta a tre piani ad Ischia. Il mare d'inverno è qualcosa di eccezionale e l'avvocato Annalisa Donato ogni anno per le vacanze natalizie ci portava la famiglia. Almeno prima degli eventi che sto per raccontarvi.

Fabrizio e Annalisa Donato hanno due figli: Filippo di 14 anni e Arianna di 23. Quattro anni prima Filippo mi aveva scritto una tenera letterina. Mi aveva chiesto un casco da astronauta, come tanti bambini sognava di andare su una stazione orbitante un giorno. Così avevo conosciuto Arianna, all'epoca dicianovenne.

Quella sera la trovai in salotto addormentata sul divano davanti l'Ipad ancora acceso. Da sotto il plaid spuntavano due graziosi piedini con le unghie smaltate di rosso e dalla parte opposta dei ricci nero corvino, un viso dolce, sopracciglia curate e labbra carnose. Era come la ricordavo: Arianna è una bellissima ragazza alta 1,65, leggermente in carne, una quarta di reggiseno e carnagione scura.

Mi ero portato un bavaglio e delle corde con me. Mi affrettai ad immobilizzarla, legarla e caricatamela in spalle in poco tempo fummo sulla mia slitta.

Le spiegai che non le conveniva ribellarsi. Se avesse obbedito ad ogni mio capriccio l'anno seguente avrebbe fatto ritorno a casa, al suo posto avrei rapito un'altra donna.

Ad essere sincero le prime settimane pensai esclusivamente a svuotarmi le palle. Le rubai la verginità anale una sera sbattendola volgarmente contro il muro mentre la costringevo a penetrarsi la fica con un bastone di zucchero. Al mattino era d'obbligo un pompino al termine del quale le venivo quasi sempre sulla tette, più raramente in bocca.

In seguito volli umiliarla soprattutto psicologicamente. Le ordinai di masturbarsi mentre invocava il nome del fratello. Le comandai di chiedermi di urinarle addosso tre volte al giorno. Non le era più permesso camminare in posizione eretta, doveva gattonare nuda tutto il giorno. Poteva lavarsi una volta al giorno ed era un piacere dopo averla farcita vederla colare umori in giro per casa per ore.

Ben presto Arianna sembrò adattarsi e addirittura cercare quelle situazioni. Non si lamentava più, i suoi orgasmi divennero più intensi. Avevo corrotto una giovane donna.

Però il fondo lo toccai un giorno quando la portai nella stalla di Rudolf. Le misi sulla testa un paio di corna finte e le dissi che Rudolf non vedeva una femmina di renna da anni, avrebbe potuto essere lei la sua amichetta.

Cosa ho fatto? Come sono giunto a tanto? Alle mie parole Arianna questa volta inorridí ma impotente non poteva che sperare di aver frainteso le mie intenzioni. Invece aveva capito benissimo.

Per far interessare Rudolf alla ragazza le chiesi di ficcarsi nella passera un pugno paglia. Obbedì pur con le mani tremanti. La renna si avvicinò alla paglia, odoró il culetto di Arianna e iniziò a lappare con la sua lunga lingua. Rigida la ragazza non potè nascondere un gemito di piacere subito seguito da un moto di vergogna. Cominciò a bagnarsi e Rudolf sembrò gradire anche quel liquido quando ad un certo punto si sollevò sui due zoccoli posteriori a cercare i genitali della ragazza 

Il pene di una renna è un arnese grosso e peloso ma Arianna aveva maggiore paura di me e delle reazioni di Rudolf nel caso si fosse ritratta. Non protestó. Contrasse tutti i muscoli dalla paura, esplicitando in questo modo il desiderio di sottrarsi a quel rapporto innaturale. Non fece altro che peggiorare la sua situazione perché la penetrazione fu più invadente e dolorosa.

I colpi animaleschi le strapparono qualche grido, a quel punto mi pregó di porre fine a quella brutalità. Non ascoltai. Riecheggiarono nella stalla ancora molti gemiti e grida prima che il fallo della renna prendesse a riversare nella vagina di Arianna copiose quantità di sperma. Continuò a sborrare per interi minuti. Riempito l'utero il seme sgorgó di fuori, sembrava non finire mai. Mi masturbai su quella scena unendomi all'eiaculazione di Rudolf. Schizzai più modestamente sulla faccia della fanciulla tre getti tiepidi.
Avevo toccato il fondo.

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