DA STUDENTE MODELLO A SCHIAVETTO 12.1 - PUNITO PER LA MIA LUSSURIA

  • Scritto da Fabiola il 30/06/2022 - 09:43
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Come ho accennato in uno degli scritti precedenti, mio padre ha una grossa impresa edile. Il capomastro della ditta, Carlo, nel corso degli anni era diventato amico di mio padre, con dispiacere di mia madre, che lo reputò sempre un «bruto volgare» e non senza ragione. Carlo, infatti, quando veniva a casa nostra, amava intrattenere mio padre con storielle piccanti e battute sul sesso, senza curarasi troppo della presenza di una donna nelle vicinanze.

Inoltre, era noto per i modi spicci e autoritari con cui trattava i sottoposti in cantiere, maniere che ormai adottava con chiunque e ovunque. Tutto il suo aspetto emanava rozzezza: alto, massiccio e abbronzato per via delle ore trascorse al sole. Quando accompagnavo mio padre a supervisionare qualche lavoro, lo vedevo spesso in piedi su una qualche impalcatura, a petto nudo, sudato, mentre lanciava ordini accompagnati da improperi. Lo trovavo estremamente animalesco, dunque eccitante.

Da alcuni mesi, nonostante la relazione con Francesco, mi ero iscritta, sotto falso nome, a un sito per incontri erotici, dove pubblicavo mie foto e brevi video sexy dove, naturalmente, non mi si vedeva in viso. Non ebbi mai, però, il coraggio di rispondere ai numerosi messaggi che ricevevo. Un giorno mi arrivò una richiesta d'incontro da un utente che riconobbi subito essere Carlo. Decisi di accettarla, trovavo intrigante la possibilità di farmi scopare da un conoscente dei miei genitori.

La sera del giorno concordato ero pronta. Per l'occasione optai per un trucco e un abbigliamento da vera porca: abbondante fondotinta, ombretto rosa sulle palpebre, ciglia e unghie finte, blush rosa sulle guance e labbra a cuore. Col make up avevo cancellato le residue fattezze maschili dal mio volto, già di per sé dolce e tondeggiante. Indossai uno striminzito vestitino rosa, che mi copriva appena appena il culo, lasciando in bella vista le balze delle autoreggenti cubane nere; ai piedi avevo dei tacchi plateau dorati. Mi misi al collo un collarino brillantato con la scritta «cum dump» e il mio immancabile seno finto.

Ci incontrammo in un parcheggio sotterraneo, che raggiunsi con la mia automobile, vagamente intimorita da quel luogo buio e ricoperto di graffiti. Quando lo vidi arrivare, scesi dall'auto e salii sul suo SUV. Mi accolse con un fischio. Non mi riconobbe. Il travestimento e il buio mi celarono per tutto il viaggio verso casa sua. Durante il tragitto fissai a lungo le sue braccia possenti e, soprattutto, la patta gonfia dei suoi pantaloni. Avevo una voglia matta di diventare il suo sborratoio; di essere scopata e gettata via come un preservativo usato.

Arrivammo presso la sua abitazione, un villino indipendente in una zona abbastanza isolata e di nuova costruzione. Solo alla luce del lampadario del salotto mi riconobbe...

continua!

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