DA STUDENTE MODELLO A SCHIAVETTO 8

  • Scritto da Fabiola il 21/04/2022 - 13:20
  • 1.6K Letture

Il fatto di aver preso due cazzi mi faceva sentire matura. Fino a qualche settimana prima ero un verginello timoroso, ma adesso mi percepivo come una autentica troia. Ero rotto in tutti i sensi, non solo nel culo; ero smaliziato. Tornai da solo nel locale dove mi aveva condotto Margherita. Ci andai con indosso dei Dr. Martens neri, delle calze a rete e uno striminzito vestitino (anch'esso nero). Feci numerosi pompini ad altrettanti sconosciuti. A fine serata non avevo più saliva e la mandibola mi faceva male.

Mi erano diventate chiare due cose: la prima è che ogni uomo, indipendentemente dal luogo e dall'età, desidera un pompino; la seconda è che amo succhiare i cazzi perché mi fanno sentire sottomessa. Accovacciato tra le cosce di un maschio, un vero maschio, realizzo la mia natura servile.

Ma soprattutto, mi era chiaro che potevo essere oggetto di desiderio. Tutto questo mutò il mio atteggiamento nei confronti di Francesco. Ero diventato meno dipendente dalla sua persona. Lui se ne accorse e decise di rimettermi al mio posto.

Un venerdì sera mi chiamò e mi disse che voleva vederemi e mi voleva travestito. Gli dissi che non potevo, che i miei genitori erano a casa, allora mi rispose che mi sarei potuto cambiare nella sua automobile. Infilai in uno zainetto delle mutandine, delle autoreggenti, un vestitino rosa, qualche cosmetico e le solite scarpe col tacco. Uscii di casa furtivamente.

Presi posto sul sedile posteriore e iniziai a cambiarmi. Faceva abbastanza freddo, dunque sopra il vestitino indossai il giubbotto di pelle col quale ero uscito. Arrivammo in una spiazzo malamente illuminato. Francesco fermò la macchina ed entrambi scendemmo. Il piazzale era squllido e sporco; tutt'intorno si notavano preservativi usati, calze di nylon rotte, bottiglie di plastica. Francesco mi afferrò forte per le guance e disse:

"Visto che vuoi fare la puttana, ti ho portata dove battono le troie, se contenta?".
"Di cosa parli?", risposi con una voce strozzata per via della sua presa.
"Non fare la stronza con me. Mia sorella mi ha detto di averti vista fuori da un locale notturno", proseguì lui, tenendomi saldamente nella sua mano.
"Stronza – pensai – gli ha detto tutto".
Provai a negare, ma Francesco si spazientì e mi diede uno schiaffo che mi fece perdere l'equilibrio e andare a sbattere contro un cassone della spazzatura.
"Adesso fammi un pompino inutile baldracca".

M'inginocchiai tra due bidoni della spazzatura e presi in bocca il suo cazzo enorme. Francesco cominciò a scoparmi la bocca con forza. Era infoiato come non mai. Mi mancava il respiro. Gli diedi dei colpi sulle gambe muscolose, ma lui se ne frego e continuò a spingermelo nella bocca. Quando estrasse la nerchia diedi dei colpi di tosse, ma dopo qualche secondo il trattamento riprese con maggiore vigore.

Lo faceva entrare e uscire energeticamente dalla mia gola, producendo l'inconfondibile gorgoglio dei soffocotti. Nel mentre mi chiamava "buco per il cazzo" e "bidone di sperma". La situazione mi produceva brividi di eccitazione. Alla fine, sentii un torrente di sperma caldo ricoprirmi la faccia. Uno schizzo, denso e vischioso, mi prese nel pieno dell'occhio sinistro accecandomi temporaneamente. Non mi aspettavo quella copiosa sborrata in pieno volto, dunque produssi un lungo "oooh" di sorpresa.

Tentai di rassettarmi e mi rimisi in piedi, solo per accorgermi che Francesco era già salito in macchina. Dal finestrino mi urlò: "fatti portare a casa da un cliente, zoccola". Poi, si allontanò nella notte. Ero stordito e preoccupato. Cercai il cellulare per chiamarlo, ma lo avevo lasciato nello zaino rimasto nell'automobile.

"Cazzo! – pensai – e ora cosa faccio?".
Decisi di incamminarmi verso casa, confidando nel fatto che Francesco sarebbe tornato a prendermi. Mi trovavo in una zona davvero malfamata, ben lontano da casa. Il lungo viale che dovevo percorrere era puntellato di prostitute, perlopiù africane, che a volte mi lanciavano un fischio. Ogni tanto transitava un veicolo, ma sembrava una zona poco frequentata.

Ero preoccupata, ma sempre meno. In me si fece strada l'idea che mi sarebbe piaciuto, almeno una volta, prostituirmi. Ma scacciai rapidamente quel pensiero dalla mia testa. Sui tacchi mi muovevo troppo lentamente, decisi allora di toglierli e di proseguire scalza. Avevo freddo.

Dall'altra parte della strada vidi un gruppo di africani. Mi notarono e dissero qualcosa nella loro lingua. Il panico prese possesso di me. Cominciai a camminare più rapidamente; avevo l'impressione che mi stessero inseguendo e iniziai a correre. Complice il vestito troppo stretto, inciampai e ruzzolai a terra. Un'autoreggente si lacerò all'altezza del ginocchio. Mi rialzai e mi accorsi che nessuno mi stava seguendo. Recuperai le scarpe che a causa della caduta erano state sbalzate e mi sedetti, spaventata, su un muretto.

Dopo qualche minuto di generale disorientamento, un'automobile mi accostò. Era quella di Francesco, che uscì dal veicolo sogghignando. Mi buttai ai suoi piedi, letteralmente, dicendo che sarei stata sua e solo sua.

"Ridicola – disse ridento il mio padrone – sei davvero ridicola. Sali in macchina".
Sul sedile posteriore dell'auto mi tolsi la autoreggenti rotte e il vestitino. Prima di farmi scendere, Francesco mi guardò e mi disse: "ascoltami bene stronzetta, tu sei la mia schiavetta, mia e basta. Smetti di fare la puttanella o ti incateno nei cessi di un autogrill e ti faccio usare come orinatoio".

Rientrai in casa e i miei genitori dormivano. Tutto sommato, mi dissi, non era stata una brutta avventura, anzi ero proprio euforica. Mi addormentai serenamente.

Post New Comment

Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.