La prova del fuoco

La prova del fuoco

Dopo la maturità conseguita nel liceo cittadino, sembra che mi si aprano le porte di una vita nuova, quando decido di frequentare l’Università nella vicina metropoli; a meno di vent’anni, mi trovo piombata in un mondo diverso e straordinario; trascorro i primi mesi a prendere conoscenza dell’Ateneo e delle strutture utili, dalla biblioteca alla mensa; a seguire con diligenza i corsi; a studiare con impegno; poi comincio a dedicarmi a me stessa.

Sono riuscita a trovare posto in un appartamento con tre ragazze ed ho a disposizione, oltre agli spazi comuni, il mio letto in una camera divisa con un’altra fuorisede, ma trascorro l’intera giornata in giro tra l’università e i luoghi deputati allo studio; comincio a frequentare un bar, abituale ritrovo di molti studenti, e azzardo le prime uscite del sabato sera in discoteca, adeguandomi presto alla vita notturna assai movimentata e rumorosa.

Si scatena a quel punto la mia libidine tenuta sotto controllo negli anni di liceo; la mia specialità diventa abbordare i ragazzi al bar, nei pub o in discoteca, portarmeli in bagno e scoparmeli in piedi, quasi sempre a pecorina; oppure svuotarli con i pompini di cui sono diventata un’autentica professionista; non molto frequentemente concedo anche il culo, ma solo quando il cazzo del momento mi ispira particolarmente.

Quello che non confesso a nessuno, è che la mia predilezione va ai manganelli dello spessore di una lattina e della lunghezza non inferiore ai venti centimetri; non mi capita molto spesso di trovarne; ma quando ne becco uno, mi ci diletto con grande entusiasmo e partecipazione; in quel caso, sono disposta a portare per le lunghe l’incontro e a farmi fottere in tutti i buchi; non sono poche le occasioni in cui posso folleggiare, specialmente quando hanno una macchina in cui possiamo scopare.

Giò non appartiene alla categoria; tecnico metallurgico impiegato nella vicina fabbrica, ha una condizione sociale ed una vita parametrate alla sua condizione di lavoratore ‘sistemato’; ha persino comprato un piccolo appartamento in un caseggiato popolare, soprattutto di operai e di piccoli impiegati; all’anagrafe, è Giobbe ma preferisce non farlo sapere per evitare troppe divertite curiosità; d’altronde, anche io nascondo con il vezzeggiativo Licia il Felicia con cui risulto all’anagrafe.

Di qualche anno maggiore di me, mi sorprende immediatamente quando, alla mia proposta di andarcene nel bagno della discoteca a scopare, mi propone invece di andarcene a casa sua per avere maggiore libertà; abituata a ragazzi che ancora vivono in famiglia o in emergenza da fuorisede, l’idea di una casa propria mi sconvolge quasi; quando ci andiamo, mi sorprende la cura con cui sono tenute le due stanze di cui si compone, con grande letto e divano comodo, oltre al cucinino e al bagno.

E’ venerdì sera e decidiamo che fino a lunedì mattina ci possiamo trastullare con il suo cazzo; non è niente di speciale, lontano dalle mie aspirazioni ma decisamente valido, nella norma dei maschi; un cazzo tra i sedici e i diciotto centimetri che si rizza rapidamente, perché è facilmente eccitabile e, al massimo dell’erezione, offre parecchie soddisfazioni alla figa, al culo e alla bocca; in quel primo incontro, mi scopa alla grande per tre notti e due giorni senza avere cedimenti.

Preso dall’entusiasmo della situazione, non ha remore a propormi di sperimentare una vita in comune, almeno per qualche mese, tanto per capire se si può stare con un’altra persona a cui si è legati solamente da un interesse sessuale; sono quasi costretta a rivelargli il mio interesse per il cazzo e soprattutto per quelli di misura maxi, vale a dire dai venti centimetri in su; leggo nei suoi occhi l’imbarazzo di chi non dispone di quella merce, ma troviamo una piattaforma comune.

Mi dice che sono libera di scopare con chi mi pare, dove e quando voglio; l’importante è che si sia leali e chiari, per evitare commenti aspri; io non sono la sua ragazza e lui non è per me altro che uno scopamico; vivere insieme è solo un modo per risparmiare sul vitto quotidiano; per il resto posso farmi sfondare come voglio; nel caso che qualcosa turbasse l’equilibrio, sarà sufficiente dirlo apertamente e la storia si chiuderà.

La proposta mi cade a fagiolo; so bene di essere un onere non lieve per i miei genitori e le loro rimesse coprono a malapena l’alloggio ed un vitto limitato alla mensa universitaria; con Giò, posso consentirmi qualche libertà; in cambio, devo solo scoparci, anche ogni giorno visto che ci da dentro volentieri; ma posso anche prendermi poi tutti i ‘passaggi’ che mi passano per la testa, nella mia caccia ai venti centimetri e più; in qualche modo, ho quasi la sensazione di avere preso il numero giusto di una lotteria.

Cominciano i mesi più allegri della mia vita universitaria; passo le giornate a studiare, prevalentemente in biblioteca, e mi diletto a ‘fare la massaia’ preoccupandomi di rigovernare la casa, di preparare pranzi e cene; talvolta, usciamo insieme per andare al bar o in discoteca, il venerdì sera; quasi sempre, lo faccio da sola; in quel caso, faccio in modo da farmi strusciare sul culo le patte che mi sembrano più interessanti.

Quando trovo qualcosa che si intuisce della giusta proporzione, mi infilo senza esitazione in bagno e mi perdo davanti alle mazze dure e grosse che subito dopo mi forzano la figa o il culo; molto spesso, quando siamo insieme, il tutto avviene sotto i suoi occhi e Giò non da segno di fastidio; quando esco da sola e incontro l’occasione giusta per una bella scopata, è quasi un obbligo morale parlargliene e raccontargli l’accaduto, spesso nei particolari.

Il dubbio che possa essere un cuckold qualche volta mi assale quando mi scopa con violenza mentre gli racconto di avere succhiato un cazzo particolarmente grosso ed eccitante o quando mi lamento perché il buco del culo mi duole perché la mazza che ho preso lo ha dilatato più del solito; quando gli accenno il mio dubbio sulla sua sessualità, esplode nella più sonora e divertita risata che abbia mai udito; la mia fisima non merita neppure di essere presa in considerazione.

La nostra situazione, che è ormai di dominio pubblico, non manca di provocare reazioni diverse, tra gli amici; i maschi oscillano tra l’invidia per avere ogni giorno a letto una gran figa e il ribrezzo per l’accettazione del mio libertinaggio; le femmine per lo più invidiano la mia totale libertà, ma non evitano di sottolineare la totale mancanza di moralità, o addirittura di dignità, del mio comportamento; giocare sulla trasparenza del nome, Giobbe sinonimo di pazienza, è quasi automatico.

Io mi limito a crogiolarmi nel mio benessere provvisorio; attribuisco la scelta fatta da Giò ad una sua sostanziale debolezza e forse ad una inespressa passione per me, che lo induce ad accettare anche l’improponibile; non glielo dico apertamente, ma ho la ferma convinzione che, prendendolo per il verso giusto, riuscirei anche a convincerlo o a costringerlo ad accettare di essere presente quando mi faccio allegramente sfondare da mazze apparentemente mostruose.

La ‘prova del fuoco’ arriva inopinata ed inaspettata; un pomeriggio siamo a casa di amici e, annoiata dai discorsi soliti, mi distraggo scartabellando tra le riviste su un tavolino; come mi aspettavo, sono riviste di gossip stupidi e inutili, nessun tema osé se non qualche diva in bikini; in una, leggermente erotica, mi colpisce un annuncio che pubblicizza una sorta di concorso per provini hard che potrebbero andare in rete ed aprire la prospettiva ad una carriera da pornodiva.

La mia fame di cazzo e una naturale tendenza all’esibizionismo mi suggeriscono che potrebbe essere l’occasione per una gran bella scopata, ammirabile da tutti in internet, e, perché no, una possibile carriera da diva del porno; la curiosità mi spinge ad appuntarmi l’indirizzo ed a leggermi meglio le condizioni che sono indicate; si parla di un compenso parametrato alla kermesse e si indicano alcune modalità di scopata.

L’ipotesi di ricevere soldi per farlo un poco mi molesta, perché mi adegua immediatamente alla professione della puttana che mi da per lo meno fastidio, forse perché in qualche angolo remoto di me un barlume di moralità ancora sopravvive al mio libertinaggio scatenato e immorale; però l’idea di un compenso per un provino spazza via anche queste ubbie; l’unica cosa da fare, è non parlarne a Giò perché davvero non so come reagirebbe ad una tale levata di capo.

Invio il modulo di adesione e vengo convocata per un giovedì mattina presto; il luogo è lontano dal centro e dalla nostra abitazione; sono costretta a chiedere a Giò se mi accompagna; per un caso fortunato, ha la mattinata libera; vorrebbe conoscere il motivo di quello strano viaggio, ma, blandendo e appellandomi al buonsenso, lo convinco a non approfondire il discorso; solo durante il percorso gli rivelo che vado a farmi una particolare e grossa scopata.

E’ risentito e non lo nasconde; dice di sentirsi come un pappone che accompagna la puttana al marciapiede dove batte; vorrei rispondergli per le rime, ma il desiderio di sperimentare quella cosa nuova e strana mi urge assai più dell’orgoglio ferito; io non mi sento puttana, ma sapere che mi pagheranno per scopare non aiuta; glisso sul litigio e gli indico la destinazione.

Quando ha parcheggiato, mi chiede per quanto tempo ne ho; rispondo che è cosa di un paio d’ore; accenna a volersene andare, ma lo prego di restare anche perché l’annuncio prevede una donna ma accompagnata, almeno all’inizio; mi avverte che accetta di venire ma che, se la cosa non gli andasse giù, visto il modo sleale in cui l’ho condotta, uscirà ma non solo dall’edificio; come era negli accordi iniziali; sparirà dalla mia vita.

Gli sorrido sorniona, convinta come sono d’averlo totalmente in pugno; intanto, pur protestando, è venuto con me; dopo qualche chiarimento in reception, veniamo introdotti nello studio per le riprese, un locale immenso con un’infinità di luci e macchinari; in un angolo, un enorme letto bianco, un divano e delle poltrone; ci fanno accomodare sul divano; si avanza, sotto la luce dei riflettori, un tale che deve essere il conduttore e ci pone alcuni quesiti.

Chiarisco che sono stata io a presentare la richiesta, che sono singola e totalmente libera, che quello che mi accompagna è solo uno scopamico senza legami né diritti; che sono lì perché mi piacciono i cazzi grossi e l’occasione mi stimola; mi chiede se il mio accompagnatore è ben dotato; rispondo che è nella norma e che le mazze dure me le cerco altrove; Giò è sempre più a disagio; gli faccio qualche carezza per rabbonirlo.

Mi chiede se me la sento di affrontare una prova difficile; in cambio, la retribuzione sarebbe di cinquecento euro; Giò mi fa osservare che se offrono tanto significa che il rischio è alto; lo zittisco e chiedo di vedere il soggetto; entra Thomas, un ragazzo di colore muscoloso e aitante, con un torace da calendario e un fisico da ammirare; si toglie l’asciugamano che aveva intorno ai lombi ed espone un cazzo che è una meraviglia.

Barzotto, gli batte quasi sul ginocchio; rizzato, deve andare quasi oltre i venticinque centimetri; mi passo la lingua sulle labbra; mi accosto, mi accoscio, lo lecco sulla punta e sento che vibra mentre si rizza; la grossezza è da lattina di bibita; accenno con la testa che, sì, mi sta bene; d’accordo per i cinquecento; Giò mi chiede se non ho timore di uscire slabbrata dall’esperienza; lo prego di non fare obiezioni; si tratta solo di una scopata.

Guardandolo amichevolmente con ironia, mi denudo e mi vado a sdraiare supina; il nero si accosta ai piedi del letto, mi divarica le gambe e viene con la testa sul ventre; comincia una leccata che ricorderò per sempre; mentre il ventre vibra tutto, sotto l’azione della lingua che dalle ginocchia arriva alle grandi labbra, su e giù a lungo, e mi fa desiderare quella bocca sul clitoride, mi giro a guardare Giò; si è alzato e sta per uscire; penso che vada a farsi una sega.

Mi disinteresso completamente di lui e mi dedico al mio occasionale amante; Thomas mi ha spalancato le gambe e se le è portate intorno al collo; sono completamente scosciata davanti a lui che non smette di passarmi la lingua sull’interno delle cosce fino alla figa; compie il percorso più volte; poi finalmente titilla le piccole labbra, le apre ed afferra tra le labbra il clitoride; il mio primo orgasmo è forte e denso; beve tutto e continua a chiavarmi in figa con la lingua lunga e pastosa che dà l’effetto del cazzo.

Mi stende sul letto, mi fa girare, tira indietro il culo finché sono carponi e ricomincia a leccare, stavolta a spatolate, dal monte di venere al coccige; percorre la figa rasata e lecca sapientemente le grandi labbra, una per volta; gioca con le piccole labbra che reagiscono scatenando umori d’orgasmo; prende in bocca il clitoride e lo succhia come un’idrovora; lo stuzzica coi denti provocandomi eccitazione e non dolore; scende sul culo e infila lingua nel buco scopandomela come ha fatto con la figa.

Scivolando sul mio corpo, mi lecca il ventre e si sofferma sull’ombelico giocandoci a lungo; si sposta sui seni e afferra un capezzolo; la sua bocca carnosa assorbe quasi completamente l’aureola, mentre la lingua e i denti stimolano il capezzolo producendomi sferzate di piacere che mi attraversano la spina dorsale; sto godendo come non mi era mai capitato in vita mia; quando passa all’altro capezzolo, le sensazioni si rinnovano ed io continuo a godere, alla faccia di Giò.

Lo spingo leggermente per il torace e lo induco a sdraiarsi accanto a me; finalmente ho davanti quel monumento al sesso che finora ho solo avvertito tra le cosce, rasente la figa e sul ventre mentre mi leccava e mi succhiava; tocca a me, adesso, farlo vibrare di piacere; vorrei anche farlo sborrare in bocca, a patto di riprendersi per averlo in figa e nel culo; per ora, mi limito ad assaporarlo con le labbra; mi rendo conto assai presto che prenderlo in gola sarà almeno problematico.

Spalanco al massimo le mascelle e la cappella entra, accarezzata dalla mia lingua che non lo perde per un momento; lo faccio scivolare contro il palato e mi faccio penetrare in gola; con una mano gli tengo i testicoli, grossi come albicocche gonfie di sperma, e con l’altra masturbo la mazza che sporge per buona parte dalla bocca; muovo la testa su e giù succhiando la cappella e sento che vibra ad ogni leccata più profonda.

Con piccoli movimenti del bacino, mi scopa la bocca al basso in alto ed io mi sento sciogliere; la mia figa è ormai un lago di umori che si scatenano da tutte le parti; sento il cazzo titillarmi le papille della bocca ed immagino già la mazza che stimola il canale vaginale; mi contraggo tutta, fino al buco del culo che palpita forse in attesa; trattenendo in bocca quello che posso della nerchia che mi sta straziando, con mia immensa gioia; lecco quello che è possibile.

Lo succhio con intensità, con devozione, quasi con amore; e ogni linguata è un brivido di piacere per lui, che lo avverte lungo la spina dorsale, e per me che mi sento contrarre nel piacere tutto il basso ventre; mi sono adattata alla massa di carne che mi riempie e muovo la testa a scoparmi in bocca, mentre succhio e lecco in continuazione; è quasi una lotta tra me, che voglio farlo sborrare, e lui che vuole frenarsi; si sfila di colpo e si concede un piccolo riposo.

Sono distesa accanto a lui, immenso rispetto al mio corpo minuto, e sto aspettando che mi scopi; si siede, si gira verso di me, mi allarga le gambe e le tira su; si inginocchia tra le mie cosce spalancate e accosta la mazza alla figa; ho un momento di esitazione quando la cappella cerca la vagina, ma il piacere che monta mi fa colare umori che lubrificano il cazzo che avanza nel canale vaginale che, benché provato da tante mazze di spessore, affronta per la prima volta una bestia di quella fatta.

Mi sento quasi spaccare in due dalla forza di quel cazzo che mi riempie fino al ventre; lui spinge lentamente, delicatamente, cosciente della difficoltà a far digerire ad una figa il suo mostro, urta la cervice dell’utero e si ferma; io sto già sborrando a fiumi; poi la figa si abitua a quell’ingombro e lui finalmente può cominciare a montarmi; godo moltissimo, gli passo i piedi dietro la schiena e mi faccio penetrare a fondo.

Quando avverte che potrebbe sborrare e sento il cazzo vibrare tutto dentro di me, si ferma di colpo e rallenta il movimento in figa; il cazzo perde un poco del vigore e capisco che si è fermato per ricaricarsi; ne approfitto per mordicchiargli i capezzoli e sento che si eccita molto ma il cazzo resta barzotto in figa, tenuto anche dalla contrazione dei muscoli vaginali; quasi come un sottofondo estraneo, ascolto la voce del commentatore che celebra la mia capacità di scopare; ne sono orgogliosa.

Thomas si è ripreso; si sfila dalla figa, mi ruota, mi riporta carponi e si appoggia al culo; temo che voglia incularmi e non sono pronta; ma non è così; di nuovo la cappella si apre la strada fra le grandi labbra e stavolta avverto più nettamente la mazza che entra decisamente nella figa ancora più a fondo; a pecorina la penetrazione è totale; infatti, sento le palle che urtano e capisco che venticinque centimetri di nerchia sono tutti nella mia figa.

Mi scopa a lungo sbattendomi con forza regolare e metodica, scatenandomi vampe di calore, brividi e brucianti sferzate di piacere che mi attraversano la schiena, dal culo al cervello, e si riverberano sul ventre e sulla figa; ogni tanto, si ferma e mi blocca con le natiche premute sul ventre, alla ricerca di un piacere più intenso e diffuso; mi afferra i seni da dietro e mi titilla i capezzoli provocandomi intensa goduria.

Mi riporta supina e riprende a scoparmi; mi fa sollevare una gamba per entrare più a fondo; mi gira dietro e mi monta ancora a pecorina, da sdraiarti; mi fa ancora sollevare la gamba e lo sento fin dentro lo stomaco; le ondate di piacere che si susseguono mi sconvolgono i sensi e ogni tanto vado in palla, ma recupero immediatamente e mi godo quella mazza che mi scopa da dio; mi stende bocconi mi monta sulla schiena e mi fa scivolare il cazzo nella figa, scopandomi da dietro, distesi.

Quando mi prende per le anche e mi solleva carponi, capisco che è il momento di assaggiare il mio culo; si inginocchia dietro di me e sento la sua lingua calda e pastosa percorrermi lo spacco fra le natiche, partendo dalla figa e arrivando al buco del culo che penetra quanto può; preleva un tubo di gel che forse gli hanno fornito; se ne unge le dita e comincia ad incularmi con quelle; alterna lingua e dita e alla fine sono tre quelle che mi rovistano l’intestino e ruotano per fare spazio all’enorme fallo.

La sensazione che provo quando la cappella si appoggia all’ano è di un ariete che voglia sfondarmi; tengo botta e il cazzo penetra lentamente nello stretto budello; ne ho preso di cazzi nel culo, ma questo sembra quasi enorme; per un attimo temo per la mia integrità; ma il culo si adegua, come ha fatto la figa, e finisco per assorbirlo in me dolcemente; quando le palle mi battono contro la figa, è chiaro che i venticinque centimetri sono tutti dentro; ce l’ho fatta.

Mi incula a lungo, appassionatamente, tenendomi per le tette; non usa nemmeno gli schiaffoni sulle natiche che altre volte mi hanno rifilato; ho la sensazione di essere io a possederlo, quel bastone nel retto, piuttosto che esserne posseduta; mi monta nel culo a lungo, quasi con delicatezza anche se spinge la mazza ogni volta più in profondità; godo come una scimmia e mi lascio andare a gemiti e gridolini di piacere intenso.

La scopata va avanti per un paio di ore; mi monta in figa per tempi lunghissimi, da sopra, da dietro, di lato con un gamba sollevata; mi incula ancora due volte e ogni volta il cazzo scivola più naturalmente nel culo ormai spanato; non esistono tempi morti, perché negli intervalli mi scopa in bocca e si fa spompinare alla grande; qualche volta, si sofferma a leccarmi la figa facendomi sborrare; altre volte, si dedica ai seni e mi strofina i capezzoli libidinosamente.

Siamo ambedue letteralmente sfiniti, quando mi chiede dove voglio che mi sborri; gli indico le tette, senza neanche riuscire più a parlare; mi inginocchio davanti a lui e gli pratico il pompino più generoso che posso; con la cappella in bocca, masturbo il cazzo con un movimento che si fa frenetico finché uno spruzzo violento mi colpisce il petto; faccio ‘sparare’ gli spruzzi successivi sui capezzoli e sulle tette; quando si svuota, prendo il cazzo in bocca e lo lecco a lungo.

Solo quando la scopata è conclusa, mi chiedo dove sia finito Giò; mi fanno segno che è uscito e non è più rientrato; vado sotto la doccia e mi sciacquo per togliermi di dosso sudore e sperma; prendo i soldi, mi rivesto, recupero le mie cose ed esco; spero di incontrarlo nell’atrio, ma non c’è; esco e guardo nel parcheggio; il posto dove aveva sistemato l’auto è vuoto; lo chiamo al telefono ma mi scontro con un blocco di chiamata; mi sento quasi perduta.

Torno alla reception e chiedo come posso tornare in centro, mi chiamano un tassì e dopo dieci minuti sono a bordo dell’auto; mi faccio accompagnare al bar solito, dove spero di trovare il mio scopamico; non c’è; in compenso, Valeria, una delle mie coinquiline, siede ad un tavolo ed ha a fianco alla sedia la valigia che riconosco mia; sulla sedia, sono appoggiati i miei libri; la guardo con aria interrogativa.

“E’ passato Giò, mi ha lasciato questa roba tua; ha detto che i patti erano chiari; uno sgarro e la storia era chiusa; dice che ti ha anche avvertita; se fosse uscito da quell’edificio, lo avrebbe fatto anche dalla vostra storia e dalla tua vita. Era nero come un cielo in tempesta e sembrava molto determinato; gliela devi aver fatta molto grossa se, di punto in bianco, ti ha mollato così!”

“E’ solo uno stronzo; per una scopata prende decisioni così gravi?”

“Beh … deve essere stata una scopata molto particolare se se l’è presa così tanto … “

“Senti, al mio numero ha posto il rifiuto di chiamata; non riuscirei mai a parlarci; mi fai il favore di chiamarlo e di chiedergli se vuole parlarmi almeno un momento?”

“Il buonsenso mi suggerirebbe di farmi gli affari miei; una prova la faccio; ma se si rifiuta di parlarti, non te lo passo proprio per niente; sono certa che gliel’hai combinata grossa; ricordati che Giobbe è sinonimo di pazienza; e lui ha molta pazienza; se l’ha persa, è chiaro che sei andata al di là di tutti i limiti umanamente accettabili.”

“Per favore, non farmi prediche; prova solo a sentire se accetta di parlarmi … “

“Pronto, Giò? Ciao c’è qui Licia; dice che il suo telefono non può connettersi col tuo; ti va di ascoltarla?”

Inserisce il vivavoce.

“Le scopate si lavano; quelle disumane delle puttane che si fanno pagare per cazzi straordinari sono fuori da ogni logica; ma, soprattutto, la slealtà è il fondamento della perdita di credibilità; la tua amica si è giocata la credibilità, la dignità, la mia pazienza e la mia amicizia; può fare a meno di me; io vivo meglio senza di lei. Salutamela … e che sia per sempre!”

Ha riattaccato; chiedo a Valeria se il mio posto letto in camera sia ancora disponibile; sono fortunata perché un’altra delle inquiline se n’è andata in quei giorni e posso tornare alla vita di sempre, coi pochi soldi delle rimesse dei genitori, senza troppi lussi, senza grilli per la testa e con tutti i cazzi che voglio … ma me ne è quasi passata la voglia, per adesso ...

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