Le previsioni meteo e, ancor prima, le convinzioni degli abitanti del posto, vennero confermate. Mi alzai di buon’ora e il paesaggio che vidi dalla finestra era diventato da fiaba. Il manto candido copriva abbondantemente ogni cosa e i fiocchi continuavano a cadere fitti e incessanti.
Svegliai Manuel e lo sollecitai a vestirsi in fretta perché non vedevo l’ora di aver terminato la colazione per uscire a godermi quello spettacolo.
Nelle viuzze del piccolo borgo, i mezzi spalaneve non potevano passare, così, fin da subito, potemmo gustare il piacere di camminare nella neve fresca.
Ben coperti, tutti e tre iniziammo la passeggiata da uno dei sentieri che partono a poche centinaia di metri dal nostro albergo e, molto presto, fummo immersi nell’incanto del bosco e nel suo silenzio ovattato, quasi irreale, rotto solamente dal mio vociare eccitato.
I miei ometti ridevano nel vedermi così entusiasta e mi ringraziarono bersagliandomi con un po’ di palle di neve. Risposi prontamente alla loro provocazione con un fitto tiro di artiglieria.
Dopo qualche ora di cammino, tornammo in hotel a rifocillarci, poi ci ritirammo nelle rispettive camere per farci un necessario riposino.
Intorno alle sedici e trenta, ricevetti un messaggio di Alberto: “Che programmi avete? Vi andrebbe di andare a rilassarci alla SPA?”
La proposta mi parve eccellente. Speravo che anche Manuel la gradisse, ma lui declinò fermamente l’invito: “Andate pure voi due. Io resto qui a scrivere un po’, così mi porto avanti con il libro.” disse.
“Sicuro che non ti scoccia se vado da sola con Alberto?” replicai.
“Assolutamente no, amore. Vai tranquilla.”
Risposi ad Alberto, mi vestii e salutai mio marito con un bacio. Bussai alla camera del mio amante e attesi che uscisse. La SPA non era molto distante dal nostro albergo, così approfittammo per farci un’altra camminata sulla neve. Alberto mi prese per mano e, per tutto il percorso, mi illustrò, grazie all’opuscolo che aveva trovato in albergo, le varie possibilità offerte dalla struttura dove ci stavamo recando.
Il “massaggio di coppia” mi incuriosì parecchio, visto che era suddiviso in due fasi: la prima con un massaggiatore e una massaggiatrice, mentre la seconda prevedeva che, senza la supervisione degli operatori e nell’assoluta privacy, fosse la coppia a massaggiarsi vicendevolmente.
Alberto, prevedendo come la situazione sarebbe evoluta, era euforico. Io pensai che, per mio marito, si stava profilando un altro bel paio di corna.
Alla reception della SPA, l’addetta ripeté a voce l’elenco dei servizi a nostra disposizione e noi fummo molto decisi sulla nostra preferenza.
“Siete una splendida coppia. Sono certa che rimarrete soddisfatti.” disse. Ci consegnò asciugamani, accappatoi, ciabattine, una bottiglietta d’acqua ciascuno e le cuffiette usa e getta per la doccia.
Un’altra addetta ci invitò a seguirla lungo un corridoio, ai lati del quale c’erano le varie sale per il massaggio e il relax. In fondo, un ampio salone ospitava due grandi vasche, una di acqua calda e una di acqua fredda, ognuna provvista di zone per l’idromassaggio.
A parte due o tre persone che sguazzavano nelle piscine, ci sembrò di essere gli unici altri ospiti.
Fummo introdotti in un ambiente molto accogliente e caldo, con alcune candele accese e un raffinato profumo di incenso. La nostra accompagnatrice ci spiegò: “Vi lascio soli qualche minuto, così potete spogliarvi e fare la doccia. Quando avrete terminato, vi chiedo di indossare la biancheria monouso che trovate in quelle buste sigillate. Dovrete usarla obbligatoriamente per il massaggio con gli operatori. Quando rimarrete soli, ovviamente, potete togliervela, se vorrete.”
La ringraziammo e procedemmo come ci fu indicato. Al termine, ci sdraiammo proni sul lettino. In attesa che arrivassero i massaggiatori, io cercavo di rilassarmi, mentre Alberto ironizzava sui boxer monouso che non nascondevano nulla della sua evidentissima e prepotente erezione.
Ridendo, gli raccomandai: “Cerca di farlo ammosciare o, se non ci riesci, resta sempre a pancia in giù…”
Dopo breve, arrivarono un ragazzo e una ragazza dall’aspetto molto piacevole e dal fare professionale, gentilissimi, che ci domandarono da chi di loro avessimo preferito venire massaggiati.
Alberto lasciò a me la scelta, ed io optai per il ragazzo. I nostri corpi furono cosparsi di olio che era stato messo a riscaldare dalla ragazza che ci aveva accompagnati.
La sensazione fu gradevolissima, le mani del massaggiatore erano meravigliose e seppero individuare molto velocemente i punti che necessitavano di venire sciolti dalla tensione.
Di tanto in tanto, socchiudevo gli occhi e osservavo Alberto sotto l’azione della massaggiatrice, molto carina, che mi parve davvero compiaciuta di lavorare sul fisico tonico e ben disegnato del mio amante.
Man mano che mi rilassavo, mi venivano alla mente pensieri molto piccanti, come quello che mi fece immaginare che quella sessione di massaggi si trasformasse in una piccola orgia a quattro, dove i nostri corpi, resi lucidi e liscissimi dagli unguenti, scorrevano l’uno sull’altro, attorcigliandosi in un intricato amplesso multiplo e casuale, con frequenti fontane di sperma che zampillavano al di sopra di quella massa confusa di carni infoiate.
Fui talmente immedesimata in quell’immaginario erotico che, quando il ragazzo mi chiese di voltarmi, necessitai di alcuni istanti, prima di tornare con la mente alla realtà e riuscire a muovermi.
Il ragazzo dosò un’altra porzione di olio e riprese il suo lavoro, dapprima sulle spalle, poi lungo le braccia, quindi sul ventre, e terminò sulle gambe, evitando di avvicinare le mani alle parti intime e ai seni.
Nel frattempo, presa dalla curiosità, guardai in direzione di Alberto che, a bassa voce, chiese scusa alla massaggiatrice per il suo membro che premeva prepotente contro il tessuto dei boxer usa e getta.
“Non si preoccupi, è normale. Capita spesso e non ci faccio nemmeno più caso.” gli rispose con un’impassibilità esemplare.
Risi dentro di me e pensai: “Eh, non si può mica fare colpo su tutte, bello mio!”.
Al termine, la ragazza e il ragazzo ci servirono un vassoio con due tazze di tisana calda che lasciarono sul tavolino, assieme a una scatola piena di fazzolettini di carta.
“Avete ancora mezzora a vostra disposizione. Vi auguro buona permanenza. Arrivederci e grazie per averci preferiti.” disse la massaggiatrice, prima che si congedasse seguita dal collega.
“Sono molto previdenti in questo posto…” scherzò Alberto prendendo in mano il contenitore dei fazzolettini Kleenex.
“Beh, a voler ben vedere, qui è molto meglio di un motel: entri, ti fanno un bel massaggio che predispone molto bene al sesso e ti lasciano nell’intimità di questo ambiente così accogliente a fare ciò che vuoi.”
“E tu, adesso, sei ben predisposta al sesso?” domandò abbracciandomi da dietro, mentre ero in piedi e sorseggiavo la tisana.
“Mmm… Sì, sì…” risposi, voltando il viso verso di lui.
“Anch’io…” replicò impossessandosi delle mie tette e premendo il pisello tra le mie chiappe.
“Me ne sono accorta durante il massaggio, porcello…”
Posai la tazza, lo presi per mano e lo feci sdraiare sul lettino del massaggio. Strappai via i boxer monouso e liberai così il suo sesso da quella costrizione. Recuperai un po’ d’olio da una boccetta che avevano lasciato sul mobiletto accanto, glielo cosparsi sul membro e sulle palle e iniziai a segarlo lentamente.
Alberto infilò una mano tra le mie cosce e si dedicò a massaggiarmi l’albicocca con dovizia. Intanto, i nostri sguardi si penetravano incessantemente e i nostri visi erano l’immagine della lussuria.
Avevo un irrefrenabile desiderio di scopare, perciò interruppi molto presto la sega che lo avrebbe portato a sborrare troppo presto.
Salii sul lettino e mi misi a cavallo sopra di lui. Appoggiai le mani sul suo petto e, lentamente, mi lasciai scivolare verso il basso. Quando arrivai a contatto con la cappella, gonfia all’inverosimile, contro le grandi labbra, proseguii a scendere, fin quando non mi fu fisicamente possibile prenderne di più.
Restai ferma così qualche istante, per godermi la fantastica sensazione di essere letteralmente piena di cazzo. Alberto teneva appoggiate le mani sulle mie cosce ed era in estasi.
Lo osservavo dall’alto ed ero certa che il mio viso avesse l’espressione di quello di una dea che ha il potere assoluto sul suo schiavo totalmente sottomesso.
Presi a muovere i fianchi lentamente, un po’ in avanti e all’indietro, e un po’ lateralmente, facendoli anche ruotare.
Sentivo il cazzo che sembrava un serpente che si contorceva contro le pareti della vagina. Era durissimo ma, allo stesso tempo, si fletteva assecondando diligentemente i miei movimenti e la mia voglia.
“Non credo di resistere oltre, amore…” disse poco dopo, trattenendo il respiro.
“Devi sborrare? Dai, sborra, amore…” replicai, assestandogli una sequenza di affondi verticali, decisi e micidiali.
Alberto si aggrappò ai miei fianchi ed esplose. Pochi istanti dopo, sentii colare fuori dalla vagina una quantità indicibile di sperma bollente. Tornai a scoparlo con movimenti leggeri e attesi che si svuotasse fino alla fine.
Mi alzai lentamente dal palo e osservai l’incremata bianca sparsa sul suo pube e sulle palle.
Alberto si mise seduto sul lettino. Io mi portai di fronte e gli presi in mano il pisello che non aveva perso minimamente la sua consistenza. Mi curvai in avanti e gli diedi qualche pompata con la bocca, quindi mi appoggiai al lettino, facendogli capire che volevo essere scopata da dietro.
Lui si posizionò ed entrò in me senza difficoltà. Mi piegai fino ad appoggiare il busto sul lettino e divaricai maggiormente le gambe. Si aggrappò ai miei fianchi e prese a pistonarmi con metodo e decisione. Ebbi necessità di aggrapparmi ai bordi del materassino per riuscire a contrastare la potenza dei suoi colpi.
Sentivo il lettino flettersi e scricchiolare, sebbene fosse realizzato con un legno piuttosto massiccio. “Speriamo che regga queste bordate…” pensai.
Alberto proseguì la sua scopata animalesca per un po’, poi si interruppe, mi fece sdraiare e si posizionò tra le mie cosce che portai divaricate in spaccata. Riprese a pistonarmi e, in breve, ebbi il mio orgasmo, che squirtai fino in fondo al lettino.
Appena dopo, Alberto venne nuovamente e si afflosciò rovinosamente sopra di me, tanto fu intensa la scarica di piacere che lo travolse. Per un attimo, pensai che avesse avuto un collasso, osservando il suo respiro affannato e il viso arrossato.
“Cazzo, che scopata, amore… Ahhh…”
Sentendolo vivo e reattivo, mi distesi e gli sorrisi, prendendogli i capelli tra le dita.
“Mi sa che, nonostante tutte le fighette che ti fai a destra e a manca quando non ci vediamo, non ce n’è nessuna che ti fa scopare in questo modo. O sbaglio?”
“È vero, hai ragione…” replicò tra un tentativo e l’altro di ossigenarsi. “È anche per questo motivo che invidio tuo marito, che ti può scopare così quando vuole…”
Non aggiunsi nulla. Lo baciai e lo esortai a farsi la doccia perché il tempo a nostra disposizione era quasi scaduto. Tra l’olio del massaggio, il sudore e lo sperma, avevamo i corpi viscidi come anguille.
Indossati gli accappatoi, prima di lasciare la saletta mi accertai che sul pavimento nei pressi del lettino non fossero rimaste tracce dei nostri liquidi sessuali, perché, quando avevo spompinato Alberto e mentre mi chiavava da dietro, ebbi la chiara percezione che, lungo l’interno delle cosce, mi stesse colando di tutto.
Quindi, ci trasferimmo nella zona delle piscine. Evitai tassativamente la vasca con l’acqua fredda e scelsi l’acqua calda ma, dopo ciò che avevamo appena terminato di fare, trovai la sua temperatura troppo elevata, perciò rimasi dentro solo qualche minuto. Provai anche l’idromassaggio, dove il calore era più accettabile.
L’orologio su una parete segnava ormai le diciotto e trenta, perciò decidemmo che era ora di tornare in albergo per la cena.
Uscimmo dall’edificio della SPA che era già buio. Aveva cessato di nevicare e la neve accumulatasi durante la giornata arrivò davvero a oltre quaranta centimetri. Il silenzio regnava sovrano, circolavano pochissime auto dotate di catene da neve e, in lontananza, si vedevano i lampeggianti gialli degli sgombraneve, in azione sulle strade principali.
Alberto ed io, invece, immersi nel nostro piccolo mondo ovattato e trasgressivo, e con ancora nel corpo i postumi dell’orgasmo, tenendoci per mano, percorremmo la ripida discesa che ci avrebbe portati velocemente all’hotel.
Non ci dicemmo nulla ed io, avvicinandoci all’hotel, venni attanagliata dal senso di colpa nei confronti di Manuel e dall’ansia derivante dalla possibilità che mi chiedesse di fare l’amore la sera stessa. Dopo quanto avevo combinato con Alberto, il pensiero di fare ancora sesso mi dava la nausea.
Durante il tragitto, Alberto mi disse che sarebbe andato via l’indomani mattina, approfittando della domenica a casa per prepararsi a partire, il giorno successivo, per un viaggio di lavoro.
Manuel ed io, invece, ci saremmo fermati un giorno in più.
Al nostro rientro in albergo, trovammo Manuel al bar e Alberto mi lasciò sola con lui.
“Era bella la SPA? Ti sei divertita?” domandò premurosamente.
“Piuttosto carina, anche se non è il top delle SPA, ma mi sono rilassata molto.”
“Sono contento, amore.”
“Alberto mi ha detto che parte domani perché ha un impegno di lavoro lunedì. Così possiamo passarci la domenica tranquilli, soli tu ed io. Sei contento?”
“Certo, amore. Come potrei non esserlo?”
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