Paola - Al parco

  • Scritto da DagoHeron il 28/07/2022 - 07:07
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Esiste in me una passione, a volte irrefrenabile. Scrivere. A volte passo intere notti chino su un block notes a scrivere, vivendo quello che la mia penna traccia sulla carta. Non sono e non mi sento W. Smith o S. King. Non ho mai scritto un romanzo. Non è mai stato pubblicato nulla di mio, se non su siti internet. La causa potrebbe essere che scrivo racconti troppo corti. Oppure il fatto che il mio tema preferito è l’erotismo, erotismo spinto. D’altronde queste sono le cose che mi piace scrivere.

Non essendo in grado di mantenermi questa passione, devo lavorare, cosa che odio, fondamentalmente perché mi limita il tempo che posso dedicare a scrivere.

Così ho cercato di organizzarmi. Ho sempre vicino a me un blocco dove abbozzo le ispirazioni, che appena ho un po´ di tempo sviluppo. Approfittando delle belle giornate, nella pausa pranzo mi reco quasi sempre nel parco vicino all’ufficio. Stando seduto su una panchina, quasi sempre la stessa, ho scoperto che oltre ad essere un luogo tranquillo e piacevole, era una notevole fonte di ispirazione. Molte donne, ignare, camminando alla portata del mio sguardo, sono così diventate vittime delle mie fantasie. A volte era il modo di vestire, piuttosto che quello di camminare, i capelli o la voce, che stimolavano la mia inventiva.

Ad un certo punto la mia attenzione si focalizzò su una donna in particolare. Forse la causa è che sceglieva quasi sempre la panchina di fronte a quella che era diventata la mia panchina, vicino al vecchio chiosco di angurie. Forse per alcune sue curiosi abitudini che lentamente hanno roso la mia curiosità. Mi spiego.

Fisicamente non era certo il tipo che passava inosservato. Alta circa un metro e settanta, ad occhio si poteva dire che portasse una taglia 42, capelli rossi, ricci, occhi verdi, molto espressivi, anche se spesso nascosti dietro un paio di occhiali, oltre a un seno rigoglioso, cosa che credo di avere notato tra le prime. Inoltre quasi sempre indossava un tajeur e scarpe con il tacco, abbigliamento che per me è sempre stato eccitante.

I primi tempi arrivava con un libro, si sedeva con le gambe accavallate sulla panchina e si immergeva nella lettura, isolandosi dal mondo reale come tutti i grandi lettori. Restava li tranquilla per circa un’ora, cambiando di tanto in tanto la posizione delle gambe. Aspettavo quel momento con malcelata trepidazione, rallentando il ritmo della mia scrittura, sperando di approfondire la conoscenza delle sue gambe, ma il gesto era accuratamente studiato e casto. Improvvisamente piegava un angolo della pagina e se alzava. Non mi rimaneva che seguirla con lo sguardo accarezzando la sua figura con le lunghe dita della mia mente e poi recarmi io stesso in ufficio.

I giorni passavano e io ne approfittavo per studiarla di tanto in tanto. La bella stagione si avvicinava e man mano la signora indossava abiti sempre più leggeri che lasciavano intravedere maggiormente le forme del suo corpo.

Notai che aveva cambiato un’altra delle sue abitudini. Ogni tanto sostituiva il libro con dei fogli, tipico formato A4 da ufficio, che leggeva in preda ad una agitazione crescente.

Un giorno che la mia ispirazione faceva i capricci, decisi di dedicare un po´ più di attenzione a questa donna che mi affascinava sempre più, certo che sarebbe stata un ottimo soggetto per una storia. Mi accorsi per prima cosa che stava leggendo i misteriosi fogli. Accavallava molto più frequentemente le gambe, senza la solita attenzione, permettendo al mio sguardo di accedere dove mi era di solito vietato. Notai che li rilesse più volte. Ad un certo punto si alzava e scompariva. Per tornare dopo un po´ di minuti con un’aria strana, gli occhi lucidi e soddisfatti. La cosa iniziò a incuriosirmi molto, così la volta successiva che la vidi estrarre i fogli feci solo finta di scrivere e studiai maggiormente il suo comportamento. Quando si alzo la segui, scoprendo che si nascondeva dietro il vecchio chiosco, riparata da una giungla di cespugli, invisibile alla vista di chiunque fosse nel parco. Cosa facesse li dietro e perché ci andasse furono le due curiosità che guidarono le mie mosse successive.

La cosa più facile da scoprire fu cosa stesse leggendo. Quando usci dal suo nascondiglio la pedinai, scoprendo che gettava i fogli che aveva letto dentro un cestino. Dandole il tempo di allontanarsi li recuperai infilandoli rapidamente nella mia cartelletta. Scopri cosi che stava leggendo un racconto erotico. Raccontava l’incontro tra un piazzista con la passione di scrivere racconti erotici e una donna con il dubbio di non essere abbastanza focosa a letto. Nascosti in un boschetto i due avevano ripetuti rapporti sessuali descritti in maniera piuttosto minuziosa.

Avevo scoperto cosa agitava tanto la mia signora. Mi rimaneva da scoprire un ultimo mistero: cosa faceva nascosta dietro al chiosco?

Il giorno dopo andai in perlustrazione scoprendo dietro a chiosco un gabbiotto che fungeva da magazzino. La porta era aperta e cosi malandata che tra le assi che la componevano cera molto spazio. Da li dentro, nascosto allo sguardo di tutti, potevo avere una visuale completa del retro del chiosco.

Aspettai con ansia il giorno che la mia provocante signora arrivasse con una nuova storia. Sembrava farlo apposta ma arrivava sempre con il suo libro.

Finalmente un venerdi, dopo essersi seduta sulla sua panchina estrasse dalla borsa i fatidici fogli.

Con aria indifferente mi alzai e aggirato il chiosco mi nascosi nel mio rifugio. Dopo circa quindici minuti lei arrivo. Controllo di non poter essere vista, e si sfilò il perizoma.

Accovacciandosi a gambe larghe incominciò a massaggiare il proprio sesso con frenesia crescente. Non soddisfatta fece apparire dalla borsetta un fallo di gomma che iniziò a cavalcare.

Io ero ipnotizzato da quello spettacolo. Gli occhi strabuzzati, la bocca spalancata, il respiro affannoso, il cuore che mi martellava nel petto e soprattutto un’erezione che pulsava dalla voglia di schizzare piacere.

La mia eccitazione aumento ulteriormente quando lei si slaccio la camicetta mettendo in mostra il suo rigoglioso seno, vedevo le sue mani accarezzarli, strizzarli, avvicinarli alla bocca per potersi leccare i capezzoli come desideravo fare io. Senza nemmeno accorgermene avevo tirato fuori il mio uccello iniziando a massaggiarlo con lo stesso ritmo con il quale lei si impalava sul fallo.

La vidi raggiungere l’orgasmo mordendosi il labbro dalla voglia di urlare il proprio piacere, mentre nello stesso istante venivo anche io , sognando di riempirle il viso con il mio sperma.

Si ricompose rapidamente per la paura di essere vista, tornando alla sua panchina. Non mi era mai capitato di dovermi masturbare con la stessa esigenza. Quella donna aveva mi aveva stravolto i sensi solo guardandola.

Restai nel gabbiotto con il cuore che rimbombava nel gabbiotto e il sesso che non voleva ammosciarsi nella mia mano.

Intontito raggiunsi l’ufficio svolgendo i miei compiti da una dimensione lontana. Le immagini di lei che si masturbava non mi davano pace. Improvvisamente l’idea. Avrei scritto per lei un racconto.

Sarebbe stato un omaggio per lei e nello stesso tempo un battesimo del fuoco. Ero curioso di scoprire se anche una mia storia era in grado di provocare in lei le stesse reazioni. Avevo 2 giorni per poter far dare a Dago, il mio personaggio, il meglio di se.

Domenica sera stavo dando gli ultimi ritocchi alla storia. Nel complesso ero soddisfatto, ma contemporaneamente terrorizzato di non superare la prova.

Finalmente è lunedì, e finalmente è ora di pranzo. Ho passato una mattina d’inferno con lo sguardo che andava continuamente all’orologio e la testa alla storia pensando a possibili miglioramenti dell’ultima ora. Ho messo la storia in una busta su cui ho scritto: UNA STORIA PER TE.

Resterò sulla mia panchina fino a quando non inizia a leggere, poi sgattaiolerò nel mio rifugio ad aspettarla.

È in ritardo, o almeno cosi mi sembra, ma arriva. Fa per sedersi sulla panchina. Vede la busta. Temporeggia. La prende in mano. La studia. Si avvicina a me. “Ha visto chi ha lasciato questa busta?” La guardo. È bellissima. “Quale busta?” rispondo facendo finta di cadere dalle nuvole. “Su quella panchina … ho trovato questa busta … non so … “ “Mi spiace, non ho visto nulla … non saprei dirle … “ Mi sorride “Grazie lo stesso …” Il volto le si illumina, torna verso la panchina. Si siede. Rigira la busta tra le mani. È indecisa. La apre. Spiega i fogli. Inizia a leggerli. Si ferma. Si guarda attorno, quasi cercasse chi ha lasciato la busta. Se sapesse. Ricomincia a leggere. Vedo l’agitazione crescere in lei. Cercando di mantenere un atteggiamento indifferente raggiungo la mia postazione. Mi chiudo dentro e aspetto. Il cuore batte. Non so se è l’agitazione o l’eccitazione a provocarmi la tachicardia. Il tempo sembra non passare mai, ma alla fine arriva. Sceglie un punto che faccio fatica a vedere dal mio nascondiglio. Devo appoggiarmi alla porta per vedere un po´ angolato.

Oggi fa caldo. Indossa una gonna leggera e una camicetta. Si sfila velocemente le mutandine e si piega sulle gambe. La storia è per terra davanti a lei. La gonna arrotolata in vita. La sua mano si muove veloce sul clitoride. Dio, come vorrei essere li a leccarla. Ho la bocca asciutta dal desiderio. Il cazzo mi pulsa nei pantaloni. Mi abbasso i pantaloni. Inizio a masturbarmi. Devo. Lei si è slacciata la camicetta e si sta infilando le dita dentro la fica. Immagino di essere dentro di lei, calda, bagnata. Sento che potrei impazzire dalla voglia.

Le prende dalla borsetta il suo fallo. Lo posiziona sotto di lei. Scende lentamente. Il suo volto è una smorfia di dolore. Solo allora mi accorgo che se lo è puntato nel culetto. Con la mente corro alla mia storia. So quale punto sta leggendo. Sono li con lei. Chiudo gli occhi mentre la mano accelera.

La chiusura della porta cede. Si spalanca. Vengo catapultato all’esterno. Goffamente, con i pantaloni a mezzasta e la mia erezione in bella mostra, riesco a non perdere l’equilibrio. Lei mi guarda con gli occhi spalancati dalla vergogna e dallo stupore. Mezza nuda, cavalcando un fallo, dietro un chiosco nel parco. I miei occhi nei suoi occhi. I volti rossi dalla vergogna e dall’eccitazione. Il suo sguardo si abbassa sulla mia erezione. La sua mano si allunga. Lo accarezza. Il mio corpo si riempie di brividi. Lo impugna e mi tira vicino a lei. Chiudo gli occhi. Ho paura che sia un sogno e che possa svanire. Sento la sua lingua sulla mia cappella. Il calore della sua bocca. Le labbra che si stringono sulla mia asta, che scorrono lungo la mia asta. Apro gli occhi. Lei è lì. Veramente. Mi guarda mentre pompa il mio cazzo, mentre con una mano continua ad accarezzare il suo sesso. Vedo il piacere crescere nei suoi occhi. Sento il mio piacere fremere nelle mie palle. Sto per venire. Lei lo capisce. Accelera i movimento. Si aggrappa alle mie natiche per spingermi più a fondo nella sua gola. Vorrei urlare, ma non posso. Siamo in un parco. Grugnisco come un animale mentre vengo nella sua bocca. Lei non lascia la presa. Beve tutto e continua a pompare e a guardarmi con quegli occhi che implorano piacere. Ho il cazzo ancora duro come se non fossi venuto. Lei si alza. Mi accarezza il viso. Mi bacia. “Adesso fammi quello che hai scritto nella storia!” Si gira verso il chiosco. Si appoggia ad una sporgenza, Solleva la gonna. Mi offre il suo culetto. È sodo e ben fatto come un’albicocca.

Mi inginocchio davanti a tanta bellezza. Lo accarezzo. Lo bacio. Lo stringo tra le mani e si apre per offrirmi il suo frutto. Lascio scivolare la lingua sul suo sesso. È succoso. Saporito. La lascio scivolare dentro per gustarlo ancora di più. Geme. Risalgo con la lingua fino a leccarle il buchino. Freme. Faccio in modo che si pieghi maggiormente e guardo le mie dita scivolare dentro la sua figa. Godo a muoverle dentro di lei. Le affondo più che posso, le muovo in ogni senso. Le faccio scivolare fuori. Sono piene dei suoi umori. Li uso per lubrificare il buchino. Vorrei continuare a giocare con le mie dita, ma sento che lei è impaziente. Mi alzo. Impugno la mia virilità tesa come non mai ricordo. Punto il glande sul buchino. Sento un brivido percorrerle il corpo. La mia mente torna alla storia, a quello che fa Dago. Spingo deciso. A fatica riesce a trattenere un urlo. Forse è piacere. Forse è dolore. Preso dalla foga, ho fatto quello che fa Dago nella storia, non come normalmente faccio io. Le sono entrato nel culo senza nessun riguardo, violentemente. Resto fermo per qualche istante. È lei che inizia a muoversi avanti e indietro sulla mia asta. Sento nuovamente il sangue di Dago scorrere nelle mie vene. Inizio a schiaffeggiarle il sedere. Lei spinge più forte. Geme. Ma non è abbastanza. Mi aggrappo ai suoi seni, li stringo con forza. Inizio a muovermi dietro di lei. La sbatto, con forza. Con decisione. Con furia selvaggia. I colpi sono sempre più forti, sempre più vicini. Inarca la schiena. I suoi capezzoli sono cosi grossi e duri che sembra vogliano perforarmi le palme delle mani. Dalla sua bocca esce un suono strano. Sembra provenire dal suo punto più profondo. Inizio a capire “ Si … si … si … godo … oddio godo … non ti fermare … “ Non potrei fermarmi nemmeno se volessi. Anzi cerco di aumentare le spinte. La sua eccitazione mi manda in orbita e nel momento che il mio seme le riempie le viscere, il suo corpo si scuote in un orgasmo travolgente.

La cognizione del tempo è annullata. Non mi rendo conto di quanto tempo lei resta appoggiata al chiosco, con la testa appoggiata sulle braccia e il petto scosso dal respiro affannoso. Io, quasi in trance, continuo a muovere il mio cazzo dentro di lei lentamente. Certo non è duro. Ma non è nemmeno moscio.

Poi lei si alza. Il mio cazzo scivola fuori. Si allaccia la camicetta, si liscia la gonna. Mi guarda. Si abbassa. Mi prende il cazzo in bocca, lo succhia, lo lecca, lo ripulisce per bene.

Forse avevo trovato qualcosa da dirle, ma si è perso nel mio cervello ora.

Le campane suonano. Improvvisamente lei raccoglie le sue cose e scompare. A me sembra di rimanere come un idiota, con il cazzo a penzoloni e i pantaloni alle caviglie. Mi rendo conto che è tardi.

Tardissimo. Mi ricompongo. Sbuco dai cespugli di corsa. La gente mi guarda male, incuriosita. Spero di non prendere una strigliata in ufficio. In fin dei conti ne è valsa la pena. Certo non puo finire cosi.

La mia mente vaga. Crea. Ho gia mille storie che mi frullano nel cervello. Solo una cosa mi spaventa. Potrei anche non rivederla mai più

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