Umiliazione

  • Scritto da geniodirazza il 21/11/2023 - 07:19
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Umiliazione

Sono ormai più di sei anni che io e Angelica conviviamo pacificamente; ma la nostra relazione è assai più antica; cominciò quando ancora frequentavamo il liceo, io quasi diciottenne alla maturità e lei sedicenne due anni indietro; cominciammo con ‘metterci insieme’, come si usava dire, e progressivamente arrivammo ad essere più intimi fino a decidere la convivenza, subito dopo la sua laurea; adesso lavoriamo in aziende diverse ma con ruoli simili.

Necessariamente, abbiamo fatto esperienze di sesso contemporaneamente e insieme; praticamente, tranne lei, non ho conosciuto biblicamente nessuna altra donna; ero convinto che lo stesso discorso valesse per lei, perché il fondamento inamovibile della nostra storia è stato e dovrebbe essere sempre la lealtà, la sincerità e la chiarezza, che sono anche pregiudiziali all’amicizia, alla base di qualunque rapporto amoroso.

Qualche frase ‘fuggita di seno’ involontariamente mi ha fatto capire che lei non ha uno ‘stato civile’ così puro; messa alle strette, mi ha confessato che in un paio di occasioni non ha resistito alla tentazione di assaggiare un sesso più grosso e forte del mio, sicché ammette che alcune volte mi ha tradito con amici non in comune e una volta, in villeggiatura, con un bagnino particolarmente prestante.

Non la prendo affatto bene e non glielo nascondo; ma dodici anni di relazione non sono poca cosa e, dopo un percorso difficile e doloroso, riesco a convincermi che non è il caso di far pesare eventi pregressi sulla nostra pace familiare; la avverto però che non sono disposto a passare su eventuali altri episodi; le spiego il più chiaramente possibile che non mi sento offeso dalle copule in se, che possono trovare mille motivazioni e forse qualche giustificazione.

Quello che però trovo offensivo e letale per la convivenza è la slealtà; tradendomi, è venuta meno a quel principio di lealtà, di chiarezza e di sincerità che avevamo messo e che teniamo a fondamento del nostro rapporto; se non se la sente di rispettarlo, in nome di una sua autonomia, non ha che da dirlo e decidiamo immediatamente per la divisione, visto che non ci sono tra noi legami giuridici che impongano una notifica legale della separazione.

Obietta che, purtroppo, lei prova spesso la voglia di un sesso più energico e violento del mio, perché il mio modo di fare l’amore, troppo ricercato e lungo nei preliminari, è appassito nel corso degli anni, la mette a disagio privando la copula dell’aggressività animalesca che, a suo parere, dovrebbe essere connaturata all’accoppiamento; addirittura, sogna spesso che io le conceda di fare sesso davanti a me, in quella pratica diffusa che è il cuckoldismo.

Per rafforzare la sua tesi, mi fa presente che il cuckold è un uomo tanto innamorato della sua donna da godere anche di vederla provare piacere con un altro uomo; in pratica, se fossi veramente innamorato di lei come dichiaro, lasciarla copulare con un bull mi dovrebbe dare piacere anziché provocarmi fastidio o gelosia fino alla rottura; avverto, in trasparenza a quello che afferma, una volontà di umiliarmi che mi turba; ma preferisco darle credito.

Attraverso un’agenzia apposita, assoldo un amante di professione e concordo il giorno e l’ora per venire a copulare con la mia compagna, con me spettatore in funzione di cuckold; parlo più volte con Angelica della possibilità che riceva un maschio con cui copulare in mia presenza e sembra convinta della bontà della mia ipotesi; il giorno stabilito, un ragazzo di circa trent’anni, ben piantato e muscoloso, si presenta a casa e lo riceviamo nel salotto.

Spiego a lei i meccanismi per cui quel maschio è da noi e le chiarisco anche che è un professionista a pagamento; dopo qualche remora più formale che sostanziale, lei accetta la prova e anzi dichiara il suo entusiasmo per le doti dell’individuo; io resto seduto sulla mia poltrona e lui si va a sedere accanto a lei sul grande divano; chiacchierano per qualche minuto amenamente poi lui si lancia in un lungo e appassionato bacio.

Sulle prime, Angelica ha qualche riserva e guarda me con aria interrogativa; le sorrido per farle intendere che la cosa non mi dispiace come potrebbe pensare; si lancia allora a ricambiare il bacio con un calore che non avevo conosciuto in lei, ma che soprattutto non avrei mai immaginato che potesse tirare fuori per un estraneo totale; capisco che forse non conosco e non ho capito niente di una con la quale ho diviso dodici anni della mia vita.

D’altro lato, l’erezione che mi scatta naturale mi suggerisce anche che effettivamente vederla felice ricambiare il bacio mi eccita più di quanto avrebbe fatto lo stesso bacio dato a me; mi preparo a vivere l’esperienza con animo sereno e forse con la partecipazione che lei aveva ipotizzato; il dubbio che il cornuto contento che probabilmente è in me venga fuori di colpo mi sorge per un attimo; subito dopo, mi rendo conto che è la situazione d’emergenza a farmi diventare disponibile.

Il bull afferra a due mani i seni e li palpa a lungo, cerca i capezzoli e li sfrega fra le dita; le sfila la camicia e il reggiseno e la palpata prosegue direttamente sulla pelle nuda; affonda la bocca sui capezzoli e li succhia a lungo; guardo perplesso Angelica trasognata nel piacere e mi chiedo perché mai la stessa cosa fatta da me le appaia obsoleta; probabilmente, concludo, è nel suo atteggiamento che devo cercare l’aggressività a cui si è appellata.

Umiliarmi è per lei fonte di piacere; tradirmi è l‘altro percorso attraverso il quale la sua libidine prende forma; l’amante provvisorio non fa niente di particolare rispetto alle nostre copule ordinarie e palpa succhia e mordicchia i seni per una decina di minuti; poi abbassa gonna e slip e si lancia sulla vulva coperta da una decorazione triangolare dei peli pubici, nei quali grufola alla ricerca della vagina e del clitoride.

Per circa un quarto d’ora succhia, mordicchia, lecca e manipola la vulva, mostrando una buona esperienza nel cunnilinguo; lei si lascia andare a lunghi gemiti di piacere; la guardo con amore, nonostante tutto; ma non posso impedirmi di domandami in cosa differiscano i miei preliminari che le sembrano venuti a noia; ancora non vedo traccia di quella differenza aggressiva di cui parla; ma faccio buon viso a cattivo gioco e comincio a pensare che forse è il caso di rompere un legame diventato pesante.

Quando ha avuto alcuni orgasmi, tre quelli dichiarati, lei lo stacca dalla vulva e lo mette in piedi avanti al divano; afferra il fallo, una mazza di oltre venti centimetri non molto più grossa dalla mia, e lo manipola con l’abilità che conosco; prende i testicoli tra le mani e li lecca amorosamente; poi la lingua si sposta sull’asta e la percorre tutta fino alla punta, deliziandola con ghirigori di leccate saporose.

Lui comincia a copularle in bocca e le sbatte il batacchio profondamente dentro; noto dalle espressioni che è spesso in difficoltà di respirazione, che saliva in continuazione e abbondantemente, che forse resiste a conati di vomito; a quel punto riconosco la violenza accennata, ma non riesco a convincermi che sia quella che lei desidera, a meno che davvero non abbiamo vissuto in un equivoco letale fin da quando aveva sedici anni e mi chiedeva per favore di non farle male.

In tutta questa fase, Angelica si limita a lanciarmi sguardi che sembrano di complicità, ma nei quali leggo invece il desiderio di vedermi piegato alle sue voglie; perfino l’erezione, che inizialmente mi era venuta spontanea, è scomparsa a mano a mano che prendevo atto della violenza che lei pratica ma non subisce, perché l’altro è di una delicatezza forse eccessiva; da perfetto mercenario adegua le prestazioni alla resistenza ed ha capito la fragilità di lei.

Dopo una fellazione durata assai più di quanto fa con me, e di cui implicitamente si lamenta protestando contro il mio gusto dei preliminari, finalmente lui la stende con la schiena sulla seduta del divano e le si piazza fra le cosce infilando la mazza profondamente in vagina; danno inizio così alla copula lunghissima che lei mi ha prospettato come animalesca, aggressiva , violenta.

La martellina fa perfettamente il suo dovere; lui la usa sapientemente, controllando con intelligenza i movimenti per durare tutta l’ora che ha concordato di prestazione; la monta da davanti, scosciata sul divano spingendola con forza contro lo schienale; poi la ruota, inginocchiata sulla seduta e appoggiata allo schienale; la stende sul divano e la penetra da dietro appoggiando la gamba libera sullo schienale; la fa alzare e la penetra a pecorina, con le mani sulla seduta del divano.

Mentre si prende dentro la mazza con grande gusto, lei mi fa accostare e mi prende la mano; non ho nessuna difficoltà a farlo ma non sento il flusso di passione che mi sarei aspettato; sembra quasi che voglia dimostrare che sto al suo gioco e l’accetto; la lascio fare, ma ormai qualcosa mi si è spezzato dentro e sono certo che non finirà bene; il tentativo di ricucire si è risolto nella conferma che non ama subire violenza ma che è lei a volere essere violenta con me.

Dopo una lunghissima cavalcata, il bull le chiede se può godere in vagina; prende la pillola e quindi lo autorizza; l’altro esplode in un orgasmo davvero affascinante e le svuota la prostata in una lava di sperma che trabocca dalla vagina e scorre a terra quando lui esce; intuisco che si aspetta che io pulisca per terra e fra le sue cosce; decido di chiarire che non sono uno slave e lascio perdere; lo farà dopo, se vuole; va in bagno; lui si riveste e va via; uscita dal bagno, lei mi chiede.

“Ti sei divertito?”

“Mi ha fatto meno schifo di quanto temevo; ma ho capito molte cose.”

“Quindi non sei disposto a ripetere spesso con me questa esperienza?”

“Sei davvero convinta che io sia un cuckold o sei tu che vorresti impormi il ruolo perché ti darebbe soddisfazione?”

“Non lo so; forse tutte e due le cose.”

“Temo che la frattura sia più profonda di quanto appare. Non parliamone più. Se è finita, cerca di dirlo con chiarezza.”

“Io non ritengo finito niente … “

Passa solo qualche settimana e la convinzione che mi tradisca è quasi realtà; sospettando che lo faccia nel nostro letto, piazzo una videocamera segreta e la collego al mio cellulare; quando colgo che sta copulando con un collega, forse proprio quello col quale ha la storia più lunga e impegnativa, faccio scattare la registrazione, la trasferisco su una memoria esterna senza neanche prendermi la briga di guardarla, per non vedere cose trite, e aspetto di affrontare lei.

Una giovane laureata è stata da qualche mese assunta come dirigente nella mia stessa azienda; le hanno assegnato una scrivania nel mio stesso ufficio e quotidianamente mi dimostra concretamente che è assai interessata a me; all’inizio le parlo della mia relazione di convivente con un certo entusiasmo, perché le cose vanno bene, tra me e Angelica; nelle ultime settimane ci mette poco a rendersi conto che l’entusiasmo è scemato.

Dopo il misero tentativo della mia compagna di piegarmi alle sue intenzioni di essere mistress su un povero slave, decido di premere sull’acceleratore e la invito a cena; Elena accetta volentieri e passiamo una serata meravigliosa; coscienti che è bene mantenere ancora i rapporti al di qua di una tiepida amicizia, decidiamo di non fare il salto dal quale non si può più ritornare e bisogna decidere con chi stare e a che titolo.

A mano a mano che il tempo mi conferma la fine del rapporto con Angelica, le mie attenzioni ad Elena diventano sempre più chiare e intense; quando il telefonino mi fa sapere che mi ha tradito ancora, nel nostro letto, faccio il salto che temevo; invito a cena la mia collega ventitreenne, sette anni più giovane di me, non eccessiva come differenza di età, e le chiedo fuori dai denti se se la sente di trasformare la nostra amicizia in qualcosa di più caldo; arrossendo accenna di si con la testa.

Le chiedo di pazientare un paio di giorni, perché io possa sistemare le mie cose; tornato a casa, trovo Angelica sbracata sul ‘divano del peccato’ con un’aria decisamente stanca; le chiedo se la copula è stata più impegnativa del solito; mi manda al diavolo in malo modo; collego la memoria al televisore e mando il filmato; scatta come morsa da uno scorpione e mi urla che la realtà è quella; se non mi sta bene, sono cavoli miei; se ne va in camera a coda ritta.

Non mi sono ancora messo in libertà; chiamo Elena e le chiedo se può darmi ospitalità a casa sua; mi dice che c’è molto spazio, nella sua casa e nel cuore; la avverto che raccolgo poche cose e la raggiungo per stare con lei, spero per sempre; recupero davvero assai poco; mi basta una valigia per portarmi via dodici anni di vita e tanto dolore; ma so che mi preparo a ricominciare da capo e preferisco rinnovare tutto, a partire dagli abiti.

Prima che possa uscire dall’appartamento, lei, che ha finalmente realizzato che sto per chiudere il capitolo della nostra convivenza, di precipita a bloccarmi la porta.

“Non puoi andartene così, di punto in bianco … “

“Mi hai cacciato quando hai rivelato che razza di donna sei; non riusciresti a farmi restare neanche se giurassi sulla tomba degli antenati; hai tradito la fiducia che riponevo in te; non ti considero più niente se non il ricordo di un sogno giovanile infrantosi contro la realtà della tua troiaggine; non ho più la minima fiducia in te e non si può costruire sulla sfiducia.”

“Hai già un’altra?”

“Tu hai molti altri! Peccato che nessuno abbia una mazza assai più grossa della mia, come vorresti farmi credere che ne hai bisogno; forse se lo cerchi cuckold, bisessuale, gay, slave o masochista puoi avere qualche possibilità di successo; io mi sono disamorato di te e il mio cuore è stato già preso da un’altra che mi offre lo stesso sogno; per male che mi dovesse andare, se non altro avrò ancora una decina di anni per finire abbandonato da un’altra ninfomane che cerca di mistificare la sua depravazione con strane elaborazioni di pensiero.”

“Non sono una ninfomane; non sono la troia che dipingi tu; volevo spezzarti e umiliarti; dodici anni insieme mi hanno costretta ad essere ‘la compagna di … ‘ senza una mia autonoma personalità; ho cercato di piegarti e ci sono riuscita mezza volta; ma anche in quella situazione, in cui sembrava che ti avessi trattato da slave, da cuckold, in realtà hai fatto prevalere le tue decisioni, le tue scelte, persino quella del bull che mi ha montato con il tuo beneplacito; mi sono resa conto, alla fine, che mi avevi impedito di essere libera; per questo ho continuato a sbagliare; si dice che tutti meritino una seconda occasione; non credi di doverla concedere anche a me?”

“Amica cara; è verissimo che tutti meritiamo una seconda occasione; ma so di essermela guadagnata io e la sto sperimentando; dodici anni dopo, ho un nuovo sogno d’amore; si chiama Elena, ha un paio di anni meno di te, non assume la pillola e sono convinto che entro un anno avremo un figlio che sarà il cemento più solido per una famiglia vera, non per una coppia di conviventi che reclamano libertà assurde. Quindi … addio!”

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E’ passato un anno dal doloroso congedo; non ho cercato né avuto notizie di Angelica; Elena, come avevo profetizzato facilmente, ha avuto un figlio, un maschietto, di cui siamo orgogliosi; le ho chiesto di sposarmi e l’abbiamo fatto, perché la nostra intesa è vera e leale, priva delle impennate fanciullesche che hanno portato ‘fuori giri’ il meccanismo della precedente convivenza; non siamo in grado di dire se sarà una storia infinita, la nostra; ma ci proviamo con tutte le forze.

L’ironia della sorte ha preparato ancora uno scherzo terribile; c’era nell’aria la sensazione di grandi trasformazioni nell’economia del territorio; alla fine, viene comunicata la fusione di due aziende importanti; quella in cui lavoro io non è interessata al movimento, ma quella dove lavora Elena sì; una sera mi comunica che mi avrebbe raccontato qualcosa che può anche turbarmi e mi chiede di farmi forza e non reagire male.

Nel ‘giro di valzer’ delle novità conseguenti alla fusione, nella sua stanza è stata sistemata un’altra scrivania occupata d una impiegata dell’altra azienda, una funzionaria nuova, ma solo per lei, e non alle prime armi perché l’anzianità di servizio è maggiore della sua; la particolarità surreale è che si tratta di Angelica, proprio la mia ex che immediatamente si è lanciata a spettegolare per capire lo stato della nostra relazione.

Inutile dire che la notizia più sconvolgente, anche al di sopra del matrimonio, è che abbiamo un figlio che amiamo e che ci tiene profondamente legati; con una certa comprensibile apprensione, mi chiede quanto sia alto il rischio che io possa farmi irretire nelle lusinghe di cui non ha nascosto l’intenzione; mi limito a baciarla e a fare l’amore per quasi tutta la notte.

Angelica ci prova, alla prima occasione; viene organizzata una festa di fraternizzazione tra i due gruppi fusi; Elena non si può sottrarre; in compenso, come tutti gli impiegati, può farsi accompagnare dal marito o da un compagno; per gli specialisti delle aziende, serve a far fraternizzare le famiglie dei dipendenti; incontriamo anche Angelica accompagnata da un individuo di età indefinibile, grigio in tutto, supinamente e fedelmente dipendente dai suoi ordini perentori.

Cerco di evitarla, ma mi punta con decisione; mi ‘rifugio’ nella cerchia degli amici di Elena che stanno amenamente scherzando da vecchi colleghi; con la massima improntitudine, lei mi aggancia e mi propone di uscire nel giardino a prendere aria; le obietto che respiro meglio in un clima di amicizia che in un giardino dell’Eden con tutte le sue tentazioni; mi chiede ironicamente se ho deciso di mantenermi puro e casto per fare presepe con la mogliettina e il bambinello.

Esasperato e sperando di offenderla profondamente senza espormi, mi rivolgo al gruppo di amici di mia moglie e chiedo, a Elena quanto mi attribuisca di lealtà e di fiducia; mia moglie risponde che centodieci con la lode è il top all’università e che lei mi può laureare senza dubbi leale, sincero e fedele; chiede in cambio quanto valuto io le stesse qualità in lei; non ho esitazioni ad attribuirle il massimo, con aggiunta la lode.

Ci baciamo con passione, davanti a tutti; sono io allora a chiedere ad Angelica se il cagnolino lo tiene solo per compagnia o se pensa di sposarlo quanto meno per dare una patina di credibilità di coppia, a copertura di quello a cui lo costringe in camera da letto; rinunciando finalmente all’ipocrisia del bon ton, solleva il dito medio e si allontana.

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