Una storia familiare

  • Scritto da geniodirazza il 13/08/2023 - 09:15
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Una storia familiare

E’ molto strana la sensazione di trovarmi qui, seduto al tavolo di cucina, di fronte a mia madre, una bellissima donna di meno di quarant’anni che continuo a guardare, da sempre, come il miraggio più lontano e più desiderato, mentre cerco di organizzare il pensiero e di trovare quelle parole che mi consentano di dirle chiaramente che la desidero da morire e che l’unico mio desiderio è e resta fare l’amore con lei.

Poi prendo il coraggio a due mani e le parlo a cuore aperto.

Le confesso finalmente che forse ho cominciato a desiderarla già da bambino, quando la adoravo come una dea da venerare e vivevo con una tensione quasi religiosa il momento della sera in cui la sentivo fare sesso con mio padre.

Non erano ricchi, all’inizio del matrimonio, e per alcuni anni, quasi fino ai miei otto, furono costretti a farmi dormire nell’unica camera disponibile se non, addirittura, nel lettone con loro.

Solo adesso, dopo dodici, tredici anni, trovo il coraggio di confessare a mia madre che partecipavo emozionalmente e mentalmente ai loro accoppiamenti, ogni sera, ogni notte, con sempre una passione incontenibile; che tremavo ogni volta che la sentivo gemere o urlare, temendo che stesse male, per accorgermi poi che la sua era solo gioia e goduria; che toccavo l’apice della libidine quando vedevo lei che prendeva in bocca quel ‘coso’ così grosso che diventava un giocattolo meraviglioso.

“Tu forse non te ne ricordi, ma una volta, vedendoti ingoiare quella cremina che spruzzava, ti chiesi se ti piacesse. Tu mi rispondesti che faceva bene alla salute e alla pelle. E vi metteste a ridere.”

Sono un fiume in piena e le ricordo quando, poi, migliorate le condizioni economiche, molto spesso la sera mi lasciavano in compagnia di Rosetta, la babysitter tutta tette e sedere che spesso doveva fermarsi anche a dormire nella mia cameretta perché loro, i miei genitori, erano tanto impegnati nelle loro ‘avventure’ culturali o sessuali, ma questo lo avrei capito molto dopo, da non riuscire a rientrare neppure a tarda notte.

Loro non ne sapevano niente, ma Rosetta si faceva fare compagnia dal fidanzato e la prima cosa che faceva naturalmente, era di tirare fuori il ‘coso’ del suo ragazzo e di chinarsi a prenderlo in bocca fino a che lui le spruzzava in gola la cremina che, me lo confermò anche lei, quasi con le stesse parole, faceva bene alla salute e alla pelle.

Quello della fellatio che faceva bene alla salute e alla pelle fu il primo tormentone che si incise a caratteri cubitali nella mia cultura per quanto riguarda il sesso.

Faccio presente a mia madre che, su questi presupposti, quando la sorpresi in cucina che succhiava il ‘coso’ al vicino, non ebbi difficoltà ad accettare la risposta che lo faceva per la salute e per la pelle.

Poi ci fu la storia di zio Lucio, suo fratello e mio zio preferito; con molta abilità, mi indusse a rivelare quello che avevo visto; poi lo vidi personalmente andare da lei e chiederle di fare la stessa cosa; naturalmente, non glielo negò ed anche quella volta la giustificazione che faceva bene alla pelle tacitò le mie perplessità; poi il suo caro fratellino andò assai ben oltre.

Avevo circa dieci anni, a quel tempo; e per mia conformazione non ancora avevo ben evidenti i caratteri della mia sessualità e, in casa, non c’era nessuno che si potesse occupare di me e delle mie scelte; solo il caro zietto prese a coccolarmi e ad ammirare il mio visino angelico, la mia boccuccia così simile a quella della mia mamma, da indurlo a credere che avrei potuto provocargli le stesse sensazioni; per provare, bastò che tirasse fuori il ‘coso’ e me lo appoggiasse in mano, invitandomi a carezzarlo in su e in giù, perché faceva bene alla pelle; per lo stesso motivo, mi spinse la testa fino a farmi baciare la cappella, mi chiese di aprire la bocca e me lo infilò dentro.

“Cara mamma, credo che per qualche mese, a quel tempo, sono stato per tuo fratello l’alternativa a te e mi ha fatto ingoiare litri di sperma idealmente destinati a te.”

“Oh, mio Dio, non potevo neanche immaginare che la sua affettuosità con te nascondesse questa verità!”

“Ti prego di non fare ora la santa martire; tu non ti accorgevi neanche che io esistessi, presa com’eri ad inseguire verghe e situazioni estreme, con la complicità di tuo marito. Neanche ti saresti accorta che mi aveva spaccato il didietro, se non fosse stato che mi faceva troppo male, quando provava a penetrarmi analmente e dovette desistere per non sollevare uno scandalo. Ma non stare a preoccuparti. Durò solo qualche mese la faccenda; poi andai in collegio; non sono diventato omosessuale, se è questo il tuo dubbio; ma un minimo di risarcimento lo pretendo, prima fra tutti da te.”

“Cosa vuoi dire?”

“Hai preso tante mazze, che copulare con me una sola volta non dovrebbe costituire un problema.”

“Assolutamente no. Sarò anche una troia, come pare che tu sia convinto; ma all’incesto non intendo arrivarci. Se vuoi ti porto anche decine di donne pronte a farsi sbattere da te; ma non mi chiedere di essere io a venire a letto con te. Lo trovo troppo al sopra delle mie capacità di sopportazione. Non se ne parla neppure.”

“Non credo che ci sia molto da aggiungere. Visto quello che mi hai dato nei miei diciotto anni di vita, non ti meravigliare se cercherò di cancellare anche il ricordo di una donna che non mi ha mai amato e che io sono stato così imbecille da amare con tutti i sensi.”

Esco sbattendo la porta e vado a smaltire la rabbia nel baretto che, quando sono a casa dei miei, mi piace frequentare; qualcuno mi picchia su una spalla, mi giro e mi trovo di fronte a mio padre; gli faccio.

“Ciao”

 “Ti va di parlare anche con me?”

“Che intendi?”

“Ero in salotto, prima; tu non te ne sei accorto, ma io ho ascoltato tutto.”

“Mi spiace non avertene parlato direttamente. Se avessi saputo che eri lì, ti avrei chiesto di ascoltare anche tu e forse te ne avrei detta qualcuna in più.”

“So che me la sarei meritata, come se l’è meritata tua madre e come si meriterebbe di peggio tuo zio. Ma non posso cambiare quello che è stato, né con te né con tua madre.”

“Ma tu sapevi quanto fosse troia?”

“Ti sei già dimenticato di aver detto tu stesso che ti lasciavamo con la babysitter, tra l’altro abile nella fellatio, per andare a crearci situazioni al limite? Io ero regista e complice dei suoi comportamenti. Per questo non posso meravigliarmi di niente. Non posso fare niente per cambiare il passato; ma, se provi quello che hai detto, e non ho motivo per non crederti, ti voglio proporre un’alleanza per una piccola, sottile vendetta.”

“Che vendetta?”

“Intanto su me e tua madre.”

“Cosa vorresti fare?”

“So che è dura, ma vorrei la tua piena fiducia. Te la senti?”

“Comunque siano andate le cose, sei pur sempre mio padre e mi fido di te ciecamente, come sempre.”

“Ti ringrazio; adesso mi organizzo e ti farò sapere al momento giusto cosa fare. A proposito, questo week end viene anche zio Lucio con la famiglia. Chissà … “

Lo guardo un po’ spaventato; un uomo che, come lui, ha sollevato un piccolo esercizio ad azienda importante nel giro di pochi anni deve sapere il fatto suo; e il fatto che abbia confessato di essere regista, oltre che complice, delle porcherie che faceva, o forse fa ancora, con mia madre, mi induce a credere che sia in grado di organizzare qualcosa di forte.

Con mia madre cade un muro di silenziosa indifferenza; a malapena ci scambiamo il saluto e cerco di stare nella stessa stanza con lei il meno possibile; con mio padre si stabilisce un clima di cameratismo che la indispone, risultandole inspiegabile la nostra fraternizzazione.

Il venerdì pomeriggio arriva Lucio con moglie e figlia piccola; Amelia, sua moglie, è una bellissima donna tra i venticinque e i trent’anni, con un seno prosperoso, un deretano matronale ma morbido e deciso, con una bocca da fellatio e un viso da ragazza capricciosa; mi attizza molto, ma mi tengo nei limiti del ‘nipotino’; a cena, mio padre spara la prima bordata.

“Lucio, cosa c’è di vero in quel che dice Mario, che cioè tu lo avresti svezzato al sesso con qualche lezione orale ben definita?”

Mio zio balza letteralmente sulla sedia; sua moglie lo guarda con aria sorpresa e guarda me con tenerezza.

“Ma dai, son sciocchezzuole che si fanno da ragazzi!”

“Anche con tua sorella?”

“Beh, ma là si sapeva che approdavano in molti.”

“Complimenti per la finezza!”

La cosa sembra chiudersi lì, con grande imbarazzo soprattutto di mia madre, che cerca di rabbonire il marito.

“Caro, ma perché rivangare episodi così lontani e ormai dimenticati?”

“Dimenticati da chi? Da te? Da tuo fratello? Dall’imbecille che sono io e che mi sono fatto raggirare da voi due? O forse da Mario che potrebbe averne risentito sulla sua definizione del carattere sessuale? Ricordati che sono episodi che ha vissuto a dieci anni, quelli più delicati per la formazione. Inoltre, sai bene che sono molto liberale in fatto di sesso, ma che considero offensivo tradimento tutto quello che si fa all’insaputa e alle spalle dell’altro, come hai fatto con tuo fratello col quale, ricordalo, hai già commesso quell’incesto che adesso dichiari di non voler commettere.”

Mia madre abbassa la testa mortificata e lo stesso fa suo fratello; invece sento la mano di Amelia che, con la copertura della tovaglia, scivola sul mio ginocchio; la prendo, intreccio le dita e ce le stringiamo, mentre ci guardiamo intensamente negli occhi; sento la sua partecipazione come un dato fisico che si trasmette dalle mani e mi prende un’emozione quasi sessuale.

“Sei certo che quei fatti non ti hanno condizionato?”

Mi chiede all’improvviso.

“Cosa vuoi dire?”

“Se ti chiedo di fare l’amore con me, ce la fai o sei passato all’altra sponda?”

“Non so cosa risponderti; se ho cambiato sponda, non ho il coraggio di ammetterlo; se mi chiedi così apertamente di fare l’amore con mia zia, perché quello sei, ho una certa titubanza morale; ma forse lo faccio con tutto il cuore perché mi sei molto cara e sei anche molto bella.”

“Allora, andiamo in camera e fammi provare se sei ancora un uomo in grado di soddisfare una donna esigente come sono io. E non preoccuparti di tuo zio; sa che adesso può solo stare zitto.”

Ci dirigiamo verso la camera dei miei, perché ho bisogno di un letto grande, e comincio a baciarla e a toccarle seni e fondoschiena. Ci spogliamo rapidamente ed io rimango impalato a guardare come esplode la bellezza del suo corpo, fuori dagli abiti; mi catalizza lo sguardo il didietro, disegnato col compasso, leggermente largo ma armonioso, nervoso; so che le chiederò di penetrarlo, perché mi affascina; le tette sono piene, da donna che ha allattato, ma si ergono superbe con aureole piene e capezzoli che spingono in avanti, evidentemente già in piena eccitazione.

Mi attacco con foga alla bocca piena, carnosa, vogliosa e le risucchio le labbra eccitanti; spinge dentro la lingua e sbrodola quando la succhio come un piccolo membro; subito dopo, ricambia della stessa moneta; la spingo sul letto, si siede e mi prende in mano la mazza.

“Sai, ne ho conosciuti di maschietti, ma un membro come il tuo è un pezzo da museo; non è enorme ma è perfetto, nel disegno, nell’armonia, nella consistenza, nella dolcezza.”

Comincia a succhiarlo ed io fremo con tutto il corpo; si interrompe per chiedermi di non eiaculare presto, perché vuole goderselo, il mio membro; le assicurò che non cederò prima di averla assaggiata tutta, in ogni grotta d’amore; per tutta risposta, mi chiede di cercare la boccetta del lubrificante; provo nel cassetto del comodino e faccio bingo.

“Leccami la vulva!”

Mi impone; e mi fa ruotare in maniera da sistemarci a 69; la faccio montare sopra in modo da poter spaziare su tutto il sesso, dal coccige, attraverso l’ano e il perineo fino a raggiungere la vulva, le piccole labbra e il clitoride che prendo a succhiare con foga; mi gode sul volto almeno due volte ed io assaporo con gioia il gusto acre dei suoi umori misti a un poco di piscio; poi mi chiede di penetrarla e mi fa spostare tra le sue cosce; si porta dentro lei stessa la cappella e a me non resta che montarla, prima lentamente e dolcemente, poi via via con più foga e violenza, finché non caccia un urlo da animale ferito e sembra spruzzare umori e piscio dalla vulva e forse anche dall’ano.

“Adesso, rompimi il didietro in onore di quel pervertito di mio marito!”

La faccio girare carponi e le lecco a lungo l’ano; spargo il lubrificante sull’ano e nel canale rettale; infilo un dito e provo a ruotarlo; dopo che ho infilato e ruotato tre dita insieme, e mentre lei è preda ancora di un ulteriore orgasmo, punto la cappella e infilo di colpo la verga nell’ano; sente dolore e geme, ma stringe i denti e mi incita a spingere; la monto per una decina di minuti e alla fine mi lascio andare ad una eiaculazione epocale, accolta con autentica libidinosa gioia.

“Era da tanto che non ricevevo un orgasmo così ricco nel didietro. Sei decisamente sulla sponda giusta e sono felice di averti assaggiato in anteprima.”

Siamo stati via circa un’ora; i miei genitori, mio zio e la cuginetta si sono trasferiti nel salotto e stanno mangiando cioccolatini e bevendo cognac; prendiamo anche noi un bicchiere e mi rendo conto che mi fa bene bere un po’ di alcool.

“Allora, è tutto in ordine?”

Chiede quasi ironicamente mia madre.

Decido di aggredire.

“Se fossi stata una buona madre, non avresti delegato ad un’altra questa delicata verifica.”

“Io non sono una pervertita che arriva all’incesto.”

“Sei solo un’imbecille che fa sesso orale con il fratello e poi sale sul pulpito.”

“Per favore, smettetela!”

Mio padre è veramente esasperato; ricorda a sua moglie che non può mettersi a giudicare nessuno, visto che i suoi peccati riassumono quelli di una città; mi chiede di avere però maggiore rispetto per chi mi ha messo al mondo e che, nonostante certe testimonianze contrarie, è stata sempre con me molto amorosa ed affettuosa.

Più tardi, in privato, mi confida che l’avevo molto ferita rivelando la fellatio a suo fratello, che lui le aveva estorto col ricatto , ma che contrasta molto con le sue convinzioni; comunque, la copula con la zietta va anche oltre le sue speranze di vendicare le colpe dei due fratelli; ora tocca a mia madre.

Per indurre la moglie a fare ammenda delle sue colpe, come poi ha modo di rivelarmi, mio padre ha pensato ad una semplice ma sottile iniziativa che certamente aiuterà tutti a fare chiarezza.

Propone a mia madre una particolare serata di sesso al buio; conoscendo la sottile perversione dei gusti sessuali di sua moglie, va sul sicuro; un giovane maschio, da lui personalmente scelto, sarà invitato a venire a fare sesso, senza nessuna limitazione, con una bella Milf che non lo avrebbe potuto vedere, essendo bendata; la sua prestazione sarebbe stata giudicata dalla donna alla fine, in sua assenza, ed ha quindi il compito di farle fare l’amore al massimo del piacere possibile.

Lei deve starsene nel letto, completamente nuda e con una benda sugli occhi che le impedisca di vedere anche minimamente; accetterà le copule che lui propone e realizza e, alla fine, uscito il bull, esprimerà il suo livello di gradimento; mia madre è felicissima della proposta e stabiliscono che il momento opportuno è il sabato sera della settimana seguente, non potendosi ora che ci sono Lucio e la sua famiglia, per casa.

Aspettiamo che passino i giorni senza che ci sia un barlume di luce nei rapporti tra me e mia madre, perché lei continua a ritenermi perverso per averle proposto un incesto ed io continuo a giudicarla un’ipocrita perché l’incesto l’ha già consumato anni prima.

Il sabato mattina, secondo la precisa strategia di mio padre, esco di casa per andare nella camera in affitto dove alloggio per l’Università, nella città vicina; invece faccio rapidamente il percorso di andata e ritorno, andando a pranzo alla mensa universitaria e rientrando a casa dei miei; approfittando della siesta pomeridiana, a cui so che non rinunciano neanche sotto le bombe, mi vado a chiudere nella mia camera ed ascolto persino i suoni della loro copula che dura per quasi due ore con mia grande invidia.

Non posso sentire le voci, naturalmente; ma sono quasi certo che stanno elaborando idee o fantasticando sulla prossima serata ‘brava’; subito dopo, escono per andare a cena ed io ne approfitto per mangiare anch’io qualcosa nella cucina di casa; quando sento il rumore del garage che si chiude, dalla finestra li vedo avviarsi a piedi al portone e scappo difilato in camera mia, in attesa che la ‘trappola’ scatti.

Sento che vanno in bagno a rinfrescarsi e da alcune frasi smozzicate capisco che mia madre è andata completamente nuda direttamente nel loro letto mentre mio padre va ad aprire, per finta, la porta d’ingresso e la richiude rumorosamente; come d’intesa, aspetto in silenzio che mio padre mi venga a prelevare dalla mia camera per dare il via allo spettacolo; aperta la porta, mi fa cenno di seguirlo; entra in camera da letto e posso osservare che si assicura che mamma abbia la benda ben calzata sugli occhi per non vedere quello che succede; poi mi fa cenno di avanzare.

“Ecco, amore, da questo momento sarai completamente nelle mani del nostro amante; lui può possederti come vuole; tu puoi rifiutarti se qualcosa non è di tuo gradimento. Non fare domande perché non è autorizzato a rispondere; se pensi di poter capire l’identità, fai pure, ma non cercare di toglierti la benda. Puoi commentare tutto quello che vuoi e come vuoi; ma non aspettarti dialogo.”

Mi avvicino al letto e ci salgo sopra a quattro zampe; la luce è fievolissima, ma comunque mi emoziona vedere mamma rilassata, nuda, offerta a me in tutta la sua bellezza che scopro di gran lunga superiore ad ogni attesa mia e ad ogni commento udito; le gambe sono perfettamente disegnate e reggono un busto quasi prezioso, col ventre teso e piatto e la vulva che si apre in mezzo, assolutamente priva di peli, quasi ad invitare a leccare; mi fermo lì con lo sguardo e comincio invece davvero a leccare, dalle punte dei piedi alle caviglie.

“Oh, Dio, mi fa il solletico!”

“Vuoi che smetta?”

“No, no, lascialo continuare; è una sensazione dolcissima, quasi una carezza di bambino sulle caviglie; continua, ti prego!”

Ed io continuo ad andare su, percorrendo la pelle a centimetri, sulle gambe e poi dietro al ginocchio; per leccare lì, sollevo le gambe, prima una poi l’altra, e lo spacco della vulva si apre offrendomi la vista del rosa del suo interno; allungo un dito a carezzare il profilo delle piccole labbra e lo ritiro bagnato, perché forse ha avuto un piccolo orgasmo, per la sorpresa; torno a leccare il ginocchio; le prendo le caviglie e faccio una torsione per spingerla a pancia sotto; mi dedico allora all’incavo dietro le ginocchia e percorro il retro coscia, soprattutto verso l’interno, avvicinandomi sempre più all’obiettivo finale, la vulva.

Quando ci sono vicino, con una spinta alle gambe le faccio segno di mettersi gattoni e la mia lingua va direttamente nella fessura fra le natiche, alla ricerca dell’ano e delle grandi labbra; si apre istintivamente per favorire la penetrazione del mio viso nello scoscio ed allargare l’accesso alla vulva; lecco con dolce accanimento il buchetto posteriore e vi infilo due dita che faccio ruotare per sentire lo sfintere cedere alla mia pressione; quando approdo alla vagina, i lamenti sono sensibili e prolungati; si sente che gode molto; quando le mie labbra afferrano il clitoride e prendono a succhiarlo come un aspiratore, diventano urla animalesche, quasi primordiali e segnalano orgasmi forti e quasi decisivi.

“Posso fare anch’io qualcosa o devo solo lasciarmi succhiare?”

Ovviamente risponde mio padre che sta osservando con amorosa attenzione il rito d’amore che si consuma tra sua moglie e suo figlio; lui sa bene quale sia il legame tra loro tre e vede in quel gioco un rafforzamento, non la colpa che pensa sua moglie.

“Puoi fare tutto quello che vuoi; lo sai che in amore è tutto lecito!”

Mamma si gira di colpo sul letto, mi abbraccia i fianchi e cerca con le mani il mio membro; lo afferra e ne misura la dimensione con le mani.

“Dio, come è grosso! Non credo di averne mai avuto uno così per le mani; e come è dolce, morbido e delicato anche se duro come il ferro. Ti voglio, ti voglio proprio tutto e dappertutto.”

La spingo per le spalle sul letto e mi ci sdraio sopra, cerco con la mia la sua bocca e la bacio con la passione di un amante che è stato lontano dieci anni; le lecco tutto l’interno, fino alle tonsille, succhio la sua lingua come fosse un secondo clitoride, faccio pesare il torace sulle sue tette e infilo le mani per carezzare i capezzoli e stritolarli fra le dita; sento che lei torna ad impossessarsi del membro, lo prende tra le dita e lo sposta fra le cosce fino a sfregarselo contro le grandi labbra; sussulta ogni tanto e spruzzi di umori si scatenano dalla vulva.

“Questo membro è meraviglioso; sembra fatto apposta per stare fra le mie cosce ed entrare nella mia vagina. Mettilo dentro, fammelo sentire nel ventre.”

“Vuoi proprio che torni nel tuo grembo come alla fonte della vita?”

“Si. Questa è la mia verga. Non so chi ci sia dietro e non voglio nemmeno saperlo; ma questo membro è qualcosa di mio.”

Stringe le cosce e accavalla le caviglie, quasi ad imprigionare per sempre l’asta nel suo corpo; mi lascio catturare docilmente e muovo solo le mani sulle sue tette e poi sui suoi fianchi accarezzandoli; intano, la bacio sul viso, cercando di assaporare ogni centimetro della pelle, dal disegno dei capelli sulla fronte a quello delle sopracciglia, dalla morbida dolcezza degli occhi dietro la benda, lungo il profilo dolce del naso fino a alla bocca, di cui seguo il disegno con la punta, prima di immergere la lingua e lasciarmela succhiare in un dolce forma di fellatio.

“Chi sei, che sei capace di tanto amore?”

Mi stacco da lei e a forza le allargo le cosce, mi inginocchio nel mezzo, punto la cappella alla vulva e mi appoggio su di lei; aspetto, mentre il cuore pulsa sangue alla verga che si gonfia ed avanza; è lei adesso che fa pulsare la vagina e mi risucchia il membro, mi stende le gambe dietro la schiena e si spinge contro di me a farsi penetrare fino in fondo, a costo di farsi male.

“Se non vuoi cavalcarmi tu, fatti montare e lasciati possedere da me.”

Con una mano sciolgo il nodo delle caviglie dalla mia schiena e rotolo fino a trovarmi supino sotto di lei; mi monta sopra e si siede sul ventre; il membro sprofonda fino alla cervice dell’utero e la fa urlare, ma non demorde; mi cavalca a lungo, cercando orgasmi in tutte le pieghe della vagina e in tutte le vene dell’asta; non so per quanto tempo mi cavalchi; per almeno tre volte devo distrarre la mente e ricacciare l’orgasmo indietro perché non voglio ancora eiaculare; dopo almeno una mezz’ora di cavalcata, all’improvviso si disarciona e mi piomba a fianco.

“Devi essere assai giovane, diamine; io sono quasi stremata e tu riesci ancora a tenerti ritto dentro il mio ventre senza neppure accennare ad eiaculare. Come diavolo fai?”

Poi comincia a carezzarmi il viso; è chiaro che sta cercando di costruire i lineamenti per tentare di riconoscermi.

“Questo non è leale; stai tentando il riconoscimento dei ciechi.”

“Hai detto solo che devo tenere la benda e che lui deve stare zitto; se è uno che conosco, ed io questa sensazione ce l’ho, può darsi che al tatto i lineamenti mi risultino familiari,

“Ti dico anche che dovrebbero esserti familiari; ma altro non posso aggiungere.”

“Io ho amato solo te, per tutta la vita. Perché stasera mi sento sconvolta come se fossi innamorata?”

“Amore, facciamo il gioco concordato o ne vuoi fare un altro?”

“E rinunciare a farmi portare in cielo da questa verga meravigliosa? No, grazie; anzi, bel misterioso, me lo fai assaggiare in bocca?”

Senza rispondere, mi vado a sedere sul suo stomaco e appoggio il membro nel vallo fra le tette; capisce immediatamente e stringe i globi intorno, avviando una spagnola enorme; l’asta è abbastanza lunga da arrivare a spingere sul mento; sposta in basso la testa e fa in modo da farlo arrivare sulle labbra; mi sposto più avanti, spingo più oltre e lei prende la cappella in bocca, allenta la pressione delle tette sui lati e si fa scivolare la mazza verso la gola.

Me ne sto fermo a farmi succhiare e non cerco di possederla, mi accontento di sentirmi assorbito, divorato dalla sua bocca e stimolato della sua lingua che mi ruota sulla cappella; decido di non muovermi, non sto a possederla in bocca, come forse dovrei; e nemmeno lei muove la testa nella classica fellatio; come delle belle statuine, io le tengo l’asta ferma nella bocca, lei lecca e qualche volta aspira, strappandomi brividi; ma non facciamo sesso in bocca.

Decido di spostarci e la faccio rotolare finché mi siedo, col cuscino dietro le spalle, e lei si colloca davanti a me col sesso in bocca, ginocchioni, col sedere proteso all’indietro; faccio segno con le mani a mio padre di andarle dietro.

“Ti va se entro a partecipare all’amplesso?

“E’ più di un’ora e mezza che aspetto il tuo membro dentro di me!”

Si sposta, la afferra per i fianchi e la penetra di colpo profondamente, fino a farla urlare per la botta all’utero; comincia a possederla con colpi severi, netti, intensi, fermandosi dopo ogni spinta; lei mi succhia con passione il membro, se lo fa sprofondare in gola ad ogni colpo che riceve, mi porta sull’orlo dell’orgasmo; faccio segno a mio padre di rallentare il ritmo; non voglio ancora eiaculare; gli faccio capire, a gesti, che voglio scambiare i ruoli; esce dalla vagina e si sposta a rimpiazzarmi.

“Adesso vuoi il mio didietro?”

“Sei pronta a darglielo?”

“Si, ma non di spalle; penetrami nell’ano standomi di faccia, per favore.”

Non capisco il perché ma le lascio lo spazio per rotolarsi ancora; mio padre le appoggia il membro sulla bocca standosene seduto dietro la sua testa; io prendo il lubrificante dal comodino, le ungo a lungo e con amore l’ano, lo forzo con le dita, poi la penetro di colpo, facendola urlare.

“Sei grande; mi hai fatto toccare il cielo col tuo membro; ora sono in paradiso, col padre in bocca e il figlio nel sedere.”

Io sono sorpreso; mio padre no.

“Da quanto lo avevi capito?”

“Da quando mi avete preso in coppia. Lì ho sentito che i vostri membri hanno lo stesso sapore ed ho capito che me l’hai combinata. Grazie; ero io a sbagliare, rifiutando il sesso di mio figlio. Adesso puoi anche togliermi la benda e accendere le luci. Voglio guardarlo in viso, mentre mi stupra con tanto amore. Solo di voi due potevo essere tanto innamorata. Troia si, ma amante e innamorata, soprattutto … di due figli di puttana, uno chiaramente dimostrato ed un altro teoricamente, per rispetto alla santa memoria di mia suocera. Vi amo, maledetti, da morirne o da sentirmi in paradiso.”

Le togliamo la benda, accendiamo la luce e continuiamo a fare finalmente l’amore, per tutta la notte … ed oltre.

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